La Scissione

il confine tra scissione asimmetrica e non proporzionale

Di MARGHERITA CACCETTA

NOTAIO

 

La scissione è disciplinata dagli articoli 2506 e seguenti del codice civile.

Nel tempo la stessa è stata oggetto di “valutazione” interpretativa relativamente alla sua natura giuridica.

Inizialmente si riteneva che l’operazione straordinaria in esame fosse una vicenda estintivo-successoria e che quindi venisse meno l’ente “originario” per dare vita a nuovi enti ex novo.

Questa aveva un forte impatto anche dal punto di vista della struttura dell’atto qualora nel patrimonio sociale ci fossero immobili: infatti, aderendo a questa teoria, si dovevano inserire nell’atto tutte le menzioni urbanistiche, catastali e da ultimo anche la dichiarazione sulla prestazione energetica dell’immobile.

Con la sentenza a Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la n. 2637 dell’8 Febbraio 2006, si è avuto un revirement in quanto la Suprema Corte ha posto fine al dibattito esistente ed ha statuito che la fusione (sentenza poi estesa a tutte le operazioni straordinarie, e quindi anche alla scissione) altro non sono che vicende meramente evolutivo-modificative della società stessa.

Essa quindi non è altro che una modifica dello statuto e quindi, qualora la società abbia immobili non sarà necessario inserire nell’atto le menzioni obbligatorie per i trasferimenti immobiliari.

La scissione consiste nell’assegnazione totale o parziale del patrimonio della scissa a favore di una o più beneficiaria esistenti o di nuova costituzione, che subentreranno quindi da quel momento in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo alla scissa.

Ai fini fiscali, così come ai fini civilistici, l’operazione di scissione è fiscalmente neutrale, ai sensi dell’articolo 173 del TUIR, e il passaggio del patrimonio della società scissa a una o più società beneficiarie - che non usufruiscono di un sistema di tassazione agevolato - non determina la fuoriuscita degli elementi trasferiti dal regime ordinario d’impresa.

In particolare le fattispecie che più rilevano nell’ambito della scissione sono la scissione non proporzionale e la scissione asimmetrica.

La scissione non proporzionale è disciplinata incidentalmente dal quarto comma dell’articolo 2506 bis del codice civile e prevede appunto che i soci della scissa non partecipino nella stessa proporzione originaria a tutte le società beneficiarie.

La scissione asimmetrica è disciplinata invece dal secondo comma, secondo periodo, dell’articolo 2506 del codice civile; essa è tale quando i soci della scissa non partecipano ad una o più società beneficiarie venendo compensata la loro partecipazione “maggiore” in un’altra beneficiaria.

Comprendere quando si concreta una fattispecie piuttosto che un’altra è necessario al fine dei quorum.

Nella prima fattispecie, ovvero quella della non proporzionalità, si ritiene che il correttivo sia dato dal rimedio del c.d. “opt in”, ovvero una sorta di veto che consente ai soci di opporsi alla distribuzione non proporzionale dell’operazione e quindi di disciplinare la scissione in modo proporzionale.

Nella seconda fattispecie invece, il correttivo è dato dal consenso unanime, consenso negoziale.

Può quindi  ritenersi legittimo che, con il consenso unanime dei soci, ad alcuni di essi non siano assegnate partecipazioni di una o più società risultati da una scissione (siano esse la scissa o le beneficiarie), compensando tale mancata assegnazione con maggiori partecipazioni in qualsiasi altra o altre società risultanti.

Quindi tale consenso deve essere espresso in forma scritta e fatto pervenire prima della delibera oppure si può far emergere dal verbale di assemblea straordinaria che l’unanimità richiesta ai fini del quorum deliberativa valga anche come consenso negoziale all’operazione.

Perché ricorra la prima di tale fattispecie è tuttavia indispensabile che nessun socio sia escluso dalla assegnazione, anche se minima, di partecipazioni in tutte le società risultanti dalla scissione, compresa la scissa.
La scissione asimmetrica è invece disciplinata dal secondo periodo del comma 2 dell’art. 2506 c.c., il quale prevede che con il consenso unanime dei soci sia possibile non assegnare ad alcuni di essi partecipazioni in una delle società beneficiarie, ma partecipazioni della scissa.
Ciò che deve ritenersi in ogni caso non consentito, seguendo il solo schema della scissione non proporzionale o della scissione asimmetrica, è la assegnazione di partecipazioni secondo un rapporto di cambio non congruo, provocando quindi un arricchimento o impoverimento di alcuni soci.
Tale eventualità è ovviamente lecita, ma deve essere posta in essere secondo uno schema negoziale tipico che enunci la causa del trasferimento di ricchezza: donazione, vendita, datio in solutum, ecc.

Di recente, alcune massime del consiglio Notarile Triveneto, hanno ritenuto che l’unanimità possa essere “bypassata” ricorrendo al solo consenso di chi viene “pregiudicato” [non vi è mai pregiudizio perché l’operazione è sempre neutra dal punto di vista patrimoniale] o meglio, di chi ottiene “di meno” in una società beneficiaria, fermo restando che la percentuale minore viene compensata da una percentuale maggiore nella società scissa o in un’altra beneficiaria.

Nella scissione asimmetrica il “consenso unanime” richiesto dall’art. 2506, comma 2 , c.c., deve intendersi come il consenso dei soli soci cui non siano assegnate partecipazioni in una o più società partecipanti alla scissione, siano esse la scissa o le beneficiarie.
Tale disposizione, infatti, non appare volta a derogare all’eventuale regola maggioritaria vigente nella società scissa per le decisioni dei soci, bensì a tutelare il diritto individuale di ciascun di essi a non essere estromesso dalle iniziative imprenditoriali cui partecipa.
A quanto sopra consegue che:
a) il consenso dei soci alla scissione asimmetrica può essere prestato sia al momento dell’approvazione del relativo progetto sia antecedentemente che successivamente a tale momento, purché prima della stipula dell’atto di scissione;
b) non è necessario che una scissione solo parzialmente asimmetrica sia approvata anche con il consenso di quei soci cui verranno assegnate partecipazioni in tutte le società risultanti dall’operazione.

La scissione asimmetrica comporta notevoli vantaggi societari consistenti ad esempio nell’addivenire ad una separazione condivisa tra i soci e mantenere, seppur in società differenti, la continuità nello svolgimento dell’attività d’impresa. Con la scissione asimmetrica non proporzionale, infatti, viene operata una riorganizzazione aziendale che, oltre a superare i conflitti, consente un’equa distribuzione del patrimonio e il mantenimento di una autonomia decisionale che non incorra nel rischio di stallo gestionale. Tali obiettivi potranno anche essere esplicitati (ed anzi, è bene che lo siano) anche nel progetto di scissione redatto ai sensi dell’art. 2506-bis del codice civile.

Anche sotto l’aspetto fiscale, l’operazione presenta notevoli vantaggi: in primo luogo, in quanto scissione, rappresenta un’operazione fiscalmente neutra, in forza di quanto previsto all’art. 173 del TUIR; in secondo luogo, il passaggio patrimoniale della società scissa a una o più società beneficiarie non determina, di per sé, la fuoriuscita degli elementi 

Anche l’Agenzia delle Entrate in una recente risposta ad interpello la n. 155 del 05 marzo 2021. In questo caso, ha analizzato un’operazione di scissione parziale non proporzionale escludendone il carattere abusivo sul presupposto che la stessa non comportasse alcun vantaggio fiscale indebito, risultando atto fisiologico alla riorganizzazione delle attività facenti capo alla famiglia dei soci, anche in vista del futuro inevitabile passaggio generazionale.