BENE CULTURALE - CHE FARE?

 

Autore: Margherita Caccetta, Notaio.

 
 

Il nostro “Bel Paese” è pieno di bellezze artistiche e culturali motivo per cui ha trovato terreno fertile la normativa in tema di beni culturali.

I beni culturali sono innanzitutto quelli individuati dagli artt. 822 del codice civile.  

L’articolo sopra richiamato fa riferimento al patrimonio demaniale ed al patrimonio indisponibile dello stato, quest’ultimo oggetto di alienazione solo previa sdemanializzazione dei beni stessi (art. 828, 2* comma del codice civile).

Le norme codicistiche vanno integrate con quelle previste dal Codice dei beni culturali (D.Lgs n. 42/2004).

In relazione a tale normativa bisogna fare una distinzione tra i beni appartenenti ai privati ed i beni appartenenti ai soggetti giuridici:

1) In relazione alla prima specie, l’articolo cui si fa riferimento è quella prevista dagli articoli 59 e 60 del predetto decreto legislativo.

In caso di trasferimento è prevista la denuncia entro trenta giorni al Ministero dei beni culturali affinché questo possa esercitare il diritto di prelazione previsto dall’articolo 60.

Il Ministero infatti può esercitare il diritto di prelazione a parità di condizioni e non solo.

La prelazione in esame, infatti, non è una prelazione propria ma impropria; ciò significa che tale diritto scatta anche in presenza di contratti con prestazione infungibile.

Durante la pendenza della condizione, è fatto divieto di consegna dell’immobile.

2) In relazione alla seconda fattispecie alla normativa sopra esposta si aggiunge quanto prescritto dall’articolo 55.

In questo caso quindi, qualora ad alienare sia una persona giuridica, è necessario che la stessa ottenga prima dell’alienazione l’autorizzazione dal Ministero dei beni Culturali.

Inoltre, nel contratto bisogna altresì inserire quanto prescritto dall’articolo 55-bis.

Cosa fare quando in caso di incertezza sulla culturalità del bene immobile?

A questo interrogativo risponde l’articolo 12 del D.Lgs. 42/2004: occorre iniziare l’iter per far accertare la culturalità dell’immobile ed in pendenza della stessa è opportuno rispettare l’iter come se il bene fosse culturale

A livello più propriamente pratico, quando si acquista un bene culturale verranno stipulati due atti: il primo è l’atto di compravendita sottoposto alla condizione sospensiva del mancato esercizio della prelazione nei termini sopra indicati; il secondo atto, invece, è l’atto di avveramento della condizione da annotare a margine del primo atto al fine di dare evidenza di aver rispettato l’iter previsto dalla normativa in esame.

Le varie fasi della contrattazione

IL PRELIMINARE DI PRELIMINARE

Autore: Notaio Margherita Caccetta

 

Nell’ambito della contrattazione giuridica, le parti sono solite porre in essere un preliminare che “contrattualizzi” quelle che saranno le reali intenzioni dei contraenti da trasporre nel contratto definitivo.

Il contratto preliminare è disciplinato nel nostro ordinamento giuridico dall’articolo 1351 c.c.

Tale articolo, tuttavia, non definisce cosa sia il contratto preliminare ma introduce tale figura negoziale parlando delle sua “forma”.

Infatti il contratto preliminare deve rivestire la stessa forma giuridica del contratto definitivo per la sua validità.

 

Il contratto preliminare si distingue a sua volta dalla minuta, che è la bozza contrattuale che si scambiano le parti prima di arrivare alla stipula del definitivo.

Con il contratto preliminare, infatti, le parti si obbligano alla stipula di un successivo contratto, definitivo, di cui il primo deve già prevedere il contenuto essenziale e deve rivestire, come prima detto, la stessa forma del contratto definitivo.

In caso di inadempimento di una delle parti, la quale si rifiuti di stipulare nei termini convenuti il definitivo, l’altra parte potrà rivolgersi al Tribunale per chiedere l’esecuzione in forma specifica del contratto di compravendita, in base all’art. 2932 del codice civile; potrà, cioè, chiedere al giudice, che ne accerterà i presupposti, di emanare una sentenza che produca gli stessi effetti del contratto non concluso e che andrà debitamente trascritta nei Registri immobiliari.

 

Recentemente si è diffusa la prassi di "scomporre" in varie fasi la fase preparatoria, che porta alla conclusione del contratto definitivo; per tale motivo si è diffusa la figura del preliminare di preliminare.

Tale figura contrattuale trova la sua “causa” nella tripartizione delle varie fasi contrattuali: infatti, molto spesso capita che le parti vogliano “bloccare” in qualche modo l’immobile, definendo un primo contenuto contrattuale, rinviando tuttavia la redazione del preliminare vero e proprio ad un momento successivo; ciò in quanto può esservi l’esigenza di assumere ulteriori informazioni quali, ad esempio, quelle inerenti la regolarità urbanistica dell’immobile o avere maggiori certezze sulla trasparenza dell’affare.

 

Si parla, a tal proposito, di “tripartizione” delle fasi contrattuali, la prima delle quali è preliminare al contratto preliminare, seguita da quest’ultimo e dal contratto definitivo.

La validità di questo schema negoziale è stata molto dibattuta e controversa in giurisprudenza ed in dottrina.

Nel nostro ordinamento vige infatti il principio di economicità dei negozi giuridici e di meritevolezza degli interessi perseguiti. Partendo dunque da questi due principi cardini del nostro ordinamento, la giurisprudenza ha sempre ritenuto invalido il preliminare di preliminare, in quanto ad essi non rispondente.

Infatti la Suprema Corte, si è pronunciata esaminando tutti i precedenti giurisprudenziali e dottrinali del passato, i quali avevano ritenuto nullo il cd. “preliminare di preliminare”, perché, da un punto di vista giuridico, privo di causa e, dal punto di vista pratico, un’inutile duplicazione del preliminare.

Ex multis si cita la storica sentenza n. 8038/2009, la quale, appunto statuisce “la nullità del cosiddetto “preliminare di preliminare”, ritenendo che “riconoscere come possibile funzione del primo anche quella di obbligarsi […] ad obbligarsi a ottenere quell’effetto, darebbe luogo a una inconcludente superfetazione, non sorretta da alcun effettivo interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ben potendo l’impegno essere assunto immediatamente: non ha senso pratico il promettere ora di ancora promettere in seguito qualcosa, anziché prometterlo subito”.

 

Tuttavia, accanto alle passate posizioni negazionaniste della fattispecie, si affiancavano altre posizioni giurisprudenziali che ammettano la validità del preliminare di preliminare, come ad esempio la sentenza della Cassazione sez. III, n. 10490/2006, in cui la Corte aveva dato rilievo all'interesse concretamente perseguito dalle parti nel singolo caso concreto, ritenendo per causa concreta del contratto lo “scopo pratico del negozio [...] sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato”.

 

La questione, più di recente ed a causa della sua dibattuta ammissibilità, è al vaglio della Cassazione a Sezioni Unite che, con la sentenza Corte di Cassazione n. 4628 del 6 marzo 2015 che non trova precedenti giurisprudenziali, ha realizzato uno storico revirement.

Le Sezioni Unite, considerando l’evoluzione della pratica commerciale immobiliare, hanno invertito la rotta fino a quel momento tenuta, affermando il seguente principio di diritto: “In presenza di contrattazione preliminare relativa a compravendita immobiliare che sia scandita in due fasi, con la previsione di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione di un primo accordo, il giudice di merito deve preliminarmente verificare se tale accordo costituisca già esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti ex artt. 1351 e 2932 c.c., ovvero anche soltanto effetti obbligatori ma con esclusione dell'esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento. Riterrà produttivo di effetti l'accordo denominato come preliminare con il quale i contraenti si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare, soltanto qualora emerga la configurabilità dell'interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare. La violazione di tale accordo, in quanto contraria a buona fede, potrà dar luogo a responsabilità per la mancata conclusione del contratto stipulando, da qualificarsi di natura contrattuale per la rottura del rapporto obbligatorio assunto nella fase precontrattuale”.

 

Dunque la Corte di Cassazione a Sezione Unite nell'affermare la validità di tale figura contrattuale elaborata nella prassi delle contrattazioni, ne ha tuttavia circoscritto il perimetro applicativo.

Pertanto, per ritenersi valido un preliminare di preliminare è necessario che non costituisca una semplice duplicazione del preliminare vero e proprio ma esprima una volontà negoziale, seria, che necessita di una maggiore puntualizzazione; trattandosi non di un preliminare vero e proprio ma di un’anticipazione dello stesso, in caso d’inadempimento non potrà applicarsi il rimedio dell’esecuzione in forma specifica di cui all’art. 2932 c.c. bensì quello della risoluzione del contratto con obbligo di risarcimento dei danni a carico della parte inadempiente.

La sentenza, inoltre, precisa che non potrà trovare applicazione il rimedio di cui all’articolo 2932 c.c. in quanto il contratto che andrebbe a porre in essere sarebbe un ulteriore contratto ad effetti obbligatorio ed il rimedio giudiziale sopra citato viene utilizzato per porre in essere, in caso di inadempimento di uno dei contraenti, gli effetti reali derivanti dalla stipulazione del contratto obbligatorio.

 

La Corte dei Cassazione si è nuovamente pronunciata sul punto con la sentenza n.23736/2020, permanendo sul filo della ammissibilità di un preliminare di preliminare statuendo quanto segue: “in presenza di contrattazione preliminare […] che sia scandita in due fasi, con la previsione di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione di un primo accordo, il giudice di merito deve preliminarmente verificare se tale accordo costituisca già esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire effetti”; (ii) “ove tale verifica dia esito negativo, potrà ritenere produttivo di effetti l’accordo denominato come preliminare con il quale i contraenti si obblighino alla successiva stipula di un altro contratto preliminare qualora emerga la configurabilità dell’interesse delle parti a una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione dei contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare”.

 

Quindi, nella stesura di un preliminare di preliminare occorre far bene emergere la tripartizione della contrattazione di modo che non possa sorgere contestazione giudiziale sul punto e chiarire anche nel corpo del contratto che tale preliminare funge da “prima” stesura non completa di tutti gli elementi che troveranno compiutezza in un secondo accordo negoziale ad effetti obbligatori.

Cavalcando l’onda della start-up innovativa

Aspetti civilistici e pratici nella costituzione di una start-up innovativa.

Autore: Notaio Margherita Caccetta

La start-up innovativa è un’impresa giovane, ad alto contenuto tecnologico, con forti potenzialità di crescita e rappresenta per questo uno dei punti chiave della politica industriale italiana.

Questa è la definizione che si trova cercando sul sito del M.I.S.E.

La start-up innovativa non costituisce un nuovo tipo sociale in quanto la forma giuridica che deve possedere è quella di società di capitali; è una “qualifica” che attiene al profilo agevolativo principalmente in materia fiscale e conseguentemente in ambito del diritto sostanziale.

L’introduzione di tale “qualificazione” societaria nel 2012, con il D.L. 179/2012 vuole creare nuove opportunità per fare impresa e incoraggiare l’occupazione, si vuole promuovere una strategia di crescita sostenibile che cerca di fornire un supporto ai giovani che vogliono realizzare la loro idea ed agli investitori che credono nel progetto.

Ai sensi della normativa di riferimento (DL 179/2012, art. 25, comma 2) una start-up innovativa è una società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, che rispetti i seguenti requisiti oggettivi:

  • è un’impresa nuova o costituita da non più di 5 anni;

  • ha residenza in Italia, o in un altro Paese dello Spazio Economico Europeo ma con sede produttiva o filiale in Italia;

  • ha fatturato annuo inferiore a 5 milioni di euro;

  • non è quotata in un mercato regolamentato o in una piattaforma multilaterale di negoziazione;

  • non distribuisce e non ha distribuito utili;

  • ha come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di un prodotto o servizio ad alto valore tecnologico;

  • non è risultato di fusione, scissione o cessione di ramo d’azienda.

Infine, una start-up è innovativa se rispetta almeno 1 dei seguenti 3 requisiti soggettivi:

  1. sostiene spese in R&S e innovazione pari ad almeno il 15% del maggiore valore tra fatturato e costo della produzione;

  2. impiega personale altamente qualificato (almeno 1/3 dottori di ricerca, dottorandi o ricercatori, oppure almeno 2/3 con laurea magistrale);

  3. è titolare, depositaria o licenziataria di almeno un brevetto o titolare di un software registrato.

La qualifica di start-up innovativa è limitata nel tempo, cinque anni dalla sua costituzione o dalla sua trasformazione dal tipo sociale precedente al “tipo" start-up.

Tale scelta legislativa è giustificata dai benefici soprattutto fiscali di cui gode tale società e dunque il legislatore ha “concesso” un termine di credibilità del progetto oltre il quale, la società, può vedere il lancio e la crescita dello stesso oppure no.

Tali requisiti devono esistere al momento della costituzione e le dichiarazioni sul possesso dei requisiti vanno allegate firmate dal legale rappresentante della società, unitamente all’atto costitutivo e allo statuto.

Questi sono i requisiti prescritti dalla normativa sopra citata a cui si deve aggiungere il rispetto del Regolamento Consob qualora, come nella maggior parte dei casi, la società voglia accedere al “crowdfunding”.

Nell’esercizio della mia professione consiglio sempre di inserire in sede di costituzione della società tale possibilità anche “ora per allora” di modo che la società abbia sempre la possibilità di “farsi trovare pronta” a tale necessità/evenienza.

Dunque, è necessario inserire nello statuto tali clausole previste dal Regolamento Consob, articolo 24, il quale prevede che affinché la società possa ricorrere al mercato “esterno”, il suo statuto debba contenere le seguenti previsioni:

- un meccanismo di exit: ovvero una clausola di recesso (consigliabile) o di co-vendita delle proprie partecipazioni a favore del socio di minoranza per il caso in cui i soci di controllo, successivamente all’offerta sul portale, intendano alienare la loro partecipazione a terzi e tale diritto deve essere garantito per un periodo di tre anni dalla conclusione dell’offerta;

- la comunicazione alla società nonché la pubblicazione sul sito internet dell’emittente di patti parasociali;

- ai fini del perfezionamento dell’offerta sul portale una quota minima deve essere stata sottoscritta da fondazioni bancarie o incubatori certificati di start-up innovative.

In relazione ai benefici fiscali, si deve rammentare che le start-up innovative possono godere dei benefici previsti entro i 5 anni dalla loro costituzione; trascorso tale periodo di tempo hanno la possibilità di trasformarsi in PMI innovative, senza perdere i benefici disponibili.

I benefici fiscali inoltre si sono ampliati a seguito del Covid-19 in quanto sono state introdotte ulteriori Misure agevolate come ad esempio:

- Contributi a fondo perduto per acquistare servizi per lo sviluppo delle imprese innovative;

- Sostegno al Venture Capital;

- Credito d’imposta in ricerca e sviluppo;

- Proroga del termine di permanenza nella sezione speciale del registro imprese;

- Estensione della garanzia per il fondo centrale di garanzia per le PMI;

- Ulteriori incentivi all’investimento in Start-up Innovative;

- Programma Investor Visa for Italy: dimezzamento delle soglie minime di investimento;

- Agevolazioni per le Start-up Innovative localizzate in zone colpite da eventi sismici;

Per non arrivare impreparati al momento della costituzione, ecco l’elenco dei principali documenti che si devono fornire al Notaio al momento o nell’immediatezza della costituzione della società:

- dichiarazione di possesso dei requisiti firmata digitalmente dal legale rappresentante;

- titoli ed esperienze professionali dei soci con relativo curriculum;

- le spese in ricerca e sviluppo pari o inferiori al 15% del capitale sociale con apposita dichiarazione firmata digitalmente dal legale rappresentante;

- business plan.

Ogni Camera di Commercio può poi richiedere ulteriore documentazione per l’iscrizione della società nell’apposita sezione speciale del Registro delle imprese.