Interviene nuovamente la Cassazione in tema di Fondo patrimoniale: si alla deroga ex art. 169 c.c.

di Margherita Caccetta

 

Pur in presenza di figli minori … si deve ritenere che la disciplina legale sancita dall’art. 169 cod. civ. – e quindi la preventiva autorizzazione del giudice alla alienazione di beni del fondo – si renda applicabile solo in mancanza di deroga prevista nell’atto di costituzione del fondo patrimoniale.
(id=./20190904/snciv@s10@a2019@Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo." style="padding: 0px; margin: 0px; list-style-type: none; color: inherit;">Cass., Sez. I, ord., 4 Settembre 2019, n. 22069)

L’ordinanza della Cassazione in commento affronta un tema attuale quanto spinoso: la deroga all’autorizzazione giudiziale ai sensi dell’art. 169 cod. civ., in presenza di figli minori, per “alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare i beni del fondo patrimoniale”.

di Margherita Caccetta, notaio in attesa di nomina

La questione prende le mosse da un ricorso effettuato dal figlio minorenne al tempo della costituzione del fondo patrimoniale, oggi maggiorenne, che cita in giudizio la Banca, la quale aveva ipotecato i beni del fondo in assenza di autorizzazione da parte del giudice tutelare.
Il figlio asserisce l’illiceità della clausola derogatoria, contenuta nell’atto costitutivo del fondo patrimoniale, ai sensi dell’articolo 169 cod. civ.
Com’è noto, il fondo patrimoniale, secondo ormai una consolidata dottrina, appartiene al novero dei regimi patrimoniali che i coniugi possono scegliere durante la loro vita matrimoniale.
Tale istituto è disciplinato in maniera essenziale, considerato che il legislatore gli riserva solo alcuni articoli, e ciò ha dato origine ad ampi dibattiti interpretativi.
Il fondo patrimoniale ha sempre suscitato grande interesse, oltre che per l’oggetto che vi si può “conferire”, anche in relazione al se ed a che tipo di autorizzazione debba essere richiesta in presenza di figli minori.
Più in generale, è oggetto di vivace discussione, in dottrina ed in giurisprudenza, l’amministrazione del fondo stesso e le regole che lo governano.
Non c’è infatti bisogno di specificare che, laddove vi siano figli maggiorenni, non solo è possibile costituire un fondo patrimoniale (come ribadito dalla pronuncia in commento), ma non è neppure necessaria alcuna autorizzazione, non essendo più il minore, ormai maggiorenne, soggetto alla responsabilità genitoriale.
Il problema si pone, dunque, in caso amministrazione dei beni in fondo in presenza di figli minori di età.
L’art. 169 cod. civ. fa riferimento a due elementi oggetto di contrasto: il primo è costituito dalla deroga al consenso congiunto e il secondo concerne la deroga relativa all’autorizzazione giudiziale.
In relazione al primo punto, la dottrina concorda nel ritenere che la deroga al consenso congiunto si possa avere solo nel caso in cui il coniuge non abbia trasferito la proprietà, riservandosela; in tal caso egli è l’unico titolare del bene e pertanto è l’unico soggetto che ne potrà disporre in presenza della deroga al consenso congiunto.
Non potrebbe argomentarsi diversamente, visto che il fondo patrimoniale richiama le norme in materia di comunione legale, in cui il consenso di entrambi i coniugi è principio cardine.
Tuttavia, laddove il bene sia di titolarità solo di un coniuge e questi se ne sia riservata la proprietà, è possibile tale deroga ai sensi dell’art. 169 cod. civ.
Altra fattispecie che potrebbe configurarsi è quella in cui il fondo venga costituito da un terzo che trasferisca la proprietà del bene trasferito solo ad uno dei due coniugi.
In relazione alla deroga all’autorizzazione giudiziale, bisogna rammentare le varie opzioni interpretative sviluppatesi in relazione a tale tematica.
Alcuni autori ritenevano che l’articolo in commento non consentisse la deroga in esame in presenza di figli minorenni, anche considerando il disposto dell’art. 171 cod. civ.; altri autori, muovendo da un’interpretazione letterale della norma, hanno ritenuto che il legislatore non ha posto alcuna distinzione tra figlio minore o maggiore di età e che, pertanto, tale deroga all’autorizzazione giudiziale fosse possibile in ogni fattispecie.
Tuttavia la mancanza dell’autorizzazione giudiziale è salva “nei soli casi di necessità od utilità evidente” (art. 169 cod. civ.) per il minore, requisito imprescindibile e non derogabile.
Il significato di tale locuzione va inteso con riguardo alla funzione economico-sociale che il fondo persegue e che il legislatore ha inteso attribuire al fondo patrimoniale.
Pertanto l’ordinanza in commento ha cassato il ricorso del figlio in quanto tale previsione di deroga è espressamente prevista dal nostro codice civile.
Tale pronuncia tuttavia concede un ulteriore spunto di riflessione, ovvero quello del rapporto tra art. 169 e art. 171 cod. civ. e, soprattutto, della rilevanza dell’interesse del figlio minore in materia di scioglimento del fondo patrimoniale.
Per lungo tempo in dottrina ed in giurisprudenza si riteneva che il fondo patrimoniale non si potesse sciogliere consensualmente fino a che non si fosse raggiunta la maggiore età dell’ultimo nato.
Difatti alcuni autori contrari alla deroga ex art. 169 cod. civ. argomentavano anche sulla scorta di tale articolo sostenendo che potesse raggiungersi un risultato analogo (un esempio è il caso di alienazione dell’unico bene in fondo) a quello che il legislatore aveva espressamente vietato in materia di scioglimento.
La sentenza della Corte di cassazione dell’8 agosto 2014, n. 17811, tuttavia, con una pronuncia che si è imposta nel panorama giuridico, ha sancito che i coniugi possono sciogliere consensualmente il fondo patrimoniale anche in presenza di figli minori, ma che all’atto di scioglimento dovrà essere presente anche il figlio minore stesso rappresentato da un curatore speciale nominato ai sensi dell’art. 320, comma 6, cod. civ. e debitamente autorizzato dal giudice tutelare, in quanto portatore di un interesse di cui verrebbe privato in caso di scioglimento del fondo.
Tale pronuncia scioglie ogni dubbio relativamente alla possibilità di deroga ex art. 169 cod. civ. e porta anche alcuni autori a sostenere che tale articolo sia applicabile anche in caso di alienazione dell’unico bene in fondo (aderendo ad una interpretazione letterale della norma, che non distingue tra alienazione di tutti i beni del fondo o di un solo bene, nonché alla teoria secondo cui il fondo non è un vincolo apposto sul bene ma un “contenitore” che si può svuotare e riempire) e che, pertanto, l’art. 171 cod. civ. si debba applicare soltanto quando i coniugi vogliano eliminare quell’effetto segregativo impresso ai beni.
La pronuncia testé citata e quella in commento fanno emergere, dunque, come il minore sia titolare di un interesse “qualificato che risulta inconciliabile, perché intimamente in conflitto con la ratio normativa, con l’esclusione della legittimazione ad agire per far valere in giudizio il proprio interesse nella qualità di beneficiario del fondo nelle forme ordinarie e ad interloquire sulle opzioni operative eccedenti l’ordinaria amministrazione effettuate dai titolari del diritto di proprietà dei beni facenti parte del fondo, atteso che per i componenti del nucleo familiare non è certamente irrilevante la consistenza del patrimonio istituzionalmente destinato all’esclusivo soddisfacimento dei relativi bisogni” (Cass., 8 agosto 2014, n. 17811).
L’ordinanza in commento, infatti, statuisce che “le disposizioni codicistiche a tutela del figlio, quali beneficiario del fondo, sono strumenti di protezione che non escludono, e quindi consentono, che il figlio sia anche legittimato ad agire in giudizio per far valere un proprio interesse in relazione agli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione”.
Tuttavia ciò è possibile solo laddove i coniugi non abbiano inteso derogare all’autorizzazione giudiziale ai sensi dell’art. 169 cod. civ. nell’atto costitutivo del fondo.