Tribunale di Roma, Sezione specializzata in materia di impresa Terza Sezione civile
Ordinanza 9 Maggio 2017 n. 11688/2017 r.g.
Dott. Guido Romano
Società per Azioni - Clausola change of control- Prelazione statutaria-Ambito di applicazione- Effetti
Nel caso di mutamento del controllo all’interno della compagine sociale del socio di un S.p.A, la clausola di prelazione prevista dallo statuto di quest’ultima non è applicabile.
In fatto ed in diritto
Letti gli atti e le deduzioni delle parti,
a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 27 marzo 2017; il Giudice, dott. Guido Romano,
premesso che:
- con atto depositato in cancelleria in data 20 febbraio 2017 ai sensi dell’art. 700 c.p.c.,
la Smet S.p.A. ricorreva al Tribunale di Roma, nel contraddittorio con U.T.M. logistica e trasporti S.p.A. (di seguito, “UTM”), Trasporti e spedizioni A.BA.CO. S.r.l. (di seguito, “ABACO”), Sit Logistic S.p.A. (di seguito, “SIT”), Astor S.r.l. (di seguito “Astor”), Federtrasporti Basilicata S.r.l. (di seguito “Federtrasporti”), L.T.G. Logistica e Trasporti Giugliano S.r.l. (di seguito “LTG”), Adex S.c a r.l. (di seguito “Adex”), e con i Sig.ri Alfonso Marino e Francesco Mancone al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni: «1. dichiari l’inefficacia nei confronti di SIT, SMET e degli altri soci di SIT del contratto di cessione dell’intero capitale sociale di UTM stipulato tra Alfonso Marino e Francesco Mancone e ABACO in data 14 luglio 2016 in violazione della prelazione di cui all’art. 11 dello Statuto di SIT; 2. inibisca l’esercizio del diritto di voto e dei diritti amministrativi al socio UTM; 3. ordini la sospensione/cancellazione di UTM dal libro soci di SIT; 4. ordini la pubblicazione del provvedimento nel registro delle imprese di Roma e nel libro soci di SIT; 5. inibisca in ogni caso ad Abaco di porre in essere ulteriori condotte integranti atti di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598, co. 1, n. 3, c.c.»;
- a fondamento della svolta domanda, parte ricorrente rappresentava che: Sit Logistic S.p.A. è una società per azioni operante nel settore dell’autotrasporto per conto proprio e/o di terzi che rende i propri servizi a favore di Fiat Chrysler Automobiles; la Sit Logistic S.p.A. è partecipata da (a) Utm, che detiene il 38,01 % del capitale sociale, (b) Smet, titolare del 34,02 % del capitale sociale, (c) Astor, che detiene il 14 % del capitale sociale, (d) Federtrasporti, titolare del 7% del capitale sociale, (e) Ltg, che detiene il 3,79 % del capitale sociale e (f) Adex, titolare del 3% del capitale sociale; al fine di evitare l’accesso nella compagine sociale di terzi non graditi, l’art. 11 dello Statuto di Sit Logistic S.p.A. prevede una prelazione in favore dei soci per l’acquisto delle partecipazioni azionarie che fossero messe in vendita; la clausola statutaria «intende tutelare gli interessi della società alla omogeneità della compagine sociale, alla coesione dei soci ed all’equilibrio dei rapporti tra gli stessi» ed ha una portata applicativa molto ampia (intendendosi per trasferimento tutti i negozi di alienazione nella più ampia accezione del termine); il socio che intende vendere o comunque trasferire le proprie azioni deve darne comunicazione a tutti i soci al fine di consentire loro l’esercizio del diritto di prelazione; nell’ipotesi di trasferimento di azioni per atto tra vivi eseguito senza l’osservanza del diritto di prelazione, l’acquirente non avrà diritto di essere iscritto nel libro soci, non sarà legittimato all’esercizio del voto e degli altri diritti amministrativi e non potrà alienare le azioni con effetto verso la società; attesa l’ampiezza della clausola, rientrano nell’ambito di applicazione della prelazione statutaria in esame tutte quelle operazioni tramite le quali un socio trasferisca a terzi le azioni di Sit, sia direttamente, con atto avente ad oggetto il trasferimento delle relative partecipazioni, che indirettamente, con atto che determina il cambio di controllo del socio (società o gruppo societario) titolare delle azioni di Sit; con atto in data 14 luglio 2016 (iscritto presso la Camera di Commercio di Roma il 30 agosto 2016), Alfonso Marino (titolare al 10%) e Francesco Mancone (titolare al 90%) cedevano l’intero capitale sociale di Utm (socio di Sit) a Trasporti e spedizioni Abaco S.r.l., società concorrente di Sit Logistic S.p.A., appartenente al gruppo Ambrosio; tale gruppo Ambrosio, a sua volta, è anche detentore, attraverso una società ad esso riferibile (Autotrasporti e Spedizioni Fratelli Ambrosio di Luigi Ambrosio s.a.s.), di una partecipazione pari al 23,50% del capitale di Multilog S.p.A., pure concorrente di Sit nel settore di operatività della stessa; l’atto attraverso cui Abaco ha acquisito l’intero capitale sociale di Utm e, contestualmente, è (indirettamente) diventata socia di Sit Logistic S.p.A. è un atto elusivo del diritto di prelazione statutariamente previsto; dalla illegittima stipulazione di tale atto, è derivato un mutamento sostanziale nella compagine sociale di Sit Logistic in grado di incidere significativamente sulla gestione della società; infatti, Utm – che, come detto, detiene una partecipazione del 38,01% in Sit – controlla quest’ultima unitamente ad Astor (titolare di una partecipazione del 14%) potendone così esprimere gli organi sociali; è interesse di Smet chiedere al Tribunale l’adozione di provvedimenti urgenti diretti ad evitare la produzione di un pregiudizio grave ed irreparabile in danno di Smet ed a consentire la fruttuosità pratica dell’instaurando giudizio di merito diretto: (i) ad accertare che la cessione della totalità del capitale sociale di Utm ad Abaco è avvenuta in violazione della prelazione prevista in favore dei soci di SIT dall’art. 11 dello Statuto di tale società e, per l’effetto: - ad accertare e dichiarare la non opponibilità di tale cessione a Sit, a Smet e agli altri soci di Sit; - a ordinare la sospensione e/o la cancellazione di Utm dal libro dei soci di Sit; - a inibire ad Utm l’esercizio del diritto di voto e degli altri diritti amministrativi, così come previsto dal richiamato art. 11 dello Statuto; (ii) ad accertare che la condotta posta in essere da ABACO integra altresì un atto di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598, co. 1, n. 3, c.c.; (iii) in ogni caso, a condannare Utm, Alfonso Marino e Francesco Mancone e ABACO, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore di SMET;
- sulla scorta di tali premesse, la Smet concludeva come sopra riportato;
- si costituivano, ciascuno con separata comparsa, i resistenti i quali concludevano per
il rigetto della domanda cautelare;
- all’udienza del 27 marzo 2017, le parti costituite procedevano alla discussione orale,
all’esito della quale il Giudice riservava la decisione.
osserva quanto segue
1. La Smet S.p.A. ha instaurato il presente giudizio cautelare lamentando che la cessione, intervenuta in data 14 luglio 2016, dell’intero capitale sociale di U.T.M. Logistica e trasporti S.p.A. (società titolare di un numero di azioni rappresentanti complessivamente il 38,01% del capitale sociale di Sit Logistic S.p.A.) dai Sig.ri Alfonso Marino e Francesco Mancone in favore della Trasporti e spedizioni Abaco S.r.l., sarebbe avvenuta in violazione della clausola di prelazione contenuta nell’art. 11 dello Statuto di Sit Logistic S.p.A. Conseguentemente, la ricorrente ha richiesto al Tribunale di accertare l’inopponibilità di tale cessione a Sit (ed ai soci di questa), di ordinare la sospensione e/o la cancellazione di Utm dal libro dei soci di Sit e, comunque, di inibire ad Utm l’esercizio del diritto di voto e degli altri diritti amministrativi come previsto dalla suddetta clausola statutaria.
Il ricorso presentato dalla Smet S.p.A. non è fondato e va, conseguentemente, rigettato per le ragioni che seguono.
La concessione dell’invocato provvedimento d’urgenza presuppone la coesistenza dei due noti requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, intesi, il primo, come dimostrazione della verosimile esistenza del diritto per cui si agisce, essendo infatti sufficiente, in base ad un giudizio necessariamente sommario, la probabile fondatezza della pretesa azionata e, il secondo, come il fondato motivo di temere che, durante il tempo occorrente per far valere il proprio diritto in via ordinaria, questo rimanga all’esito insoddisfatto in quanto minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile.
Ciò posto, è pacifico e risulta dalla documentazione in atti che la clausola di prelazione contenuta nell’art. 11 dello Statuto sociale di Sit Logistic S.p.A. - che intende espressamente “tutelare gli interessi della società alla omogeneità della compagine sociale, alla coesione dei soci ed all'equilibrio dei rapporti tra gli stessi” - prevede che il socio che intenda vendere o comunque trasferire in tutto o in parte le proprie azioni dovrà darne comunicazione a tutti i soci risultanti dal libro soci; la comunicazione deve contenere le generalità del cessionario e le condizioni della cessione, fra le quali, in particolare, il prezzo e le modalità di pagamento. I soci destinatari delle comunicazioni di cui sopra devono esercitare il diritto di prelazione per l'acquisto delle azioni cui la comunicazione si riferisce facendo pervenire al socio offerente la dichiarazione di esercizio della prelazione con lettera raccomandata consegnata alle poste non oltre quaranta giorni dalla data di spedizione (risultante dal timbro postale) della offerta di prelazione. Sotto altro profilo, la clausola regola il concetto di “trasferimento delle azioni” disponendo che per esso “si intende il trasferimento per atto tra vivi di azioni o di diritti di opzione (...)” e vi sono compresi “tutti i negozi di alienazione, nella più ampia accezione del termine e quindi, oltre alla vendita, a puro titolo esemplificativo, i contratti di permuta, conferimento, dazione in pagamento, trasferimento del mandato fiduciario e donazione (...)” con esclusione della “intestazione a società fiduciaria o [del]la reintestazione, da parte della stessa agli effettivi proprietari”.
La clausola, poi, disciplina le conseguenze della mancata offerta in prelazione disponendo che “nell'ipotesi di trasferimento di azioni per atto tra vivi eseguito senza l'osservanza di quanto di seguito prescritto, l'acquirente non avrà diritto di essere iscritto nel libro soci, non sarà legittimato all'esercizio del voto e degli altri diritti amministrativi e non potrà alienare le azioni con effetto verso la società.
Infine, la clausola esenta dalla prelazione talune ipotesi. Infatti, le azioni e i diritti di opzione sono liberamente trasferibili in caso di: trasferimento in favore del coniuge e dei parenti in linea retta; trasferimento in favore di soggetti che controllano, direttamente o indirettamente, l'azionista venditore; trasferimento in favore di soggetti controllati dall'azionista venditore.
Altrettanto pacifico e risultante dagli atti del presente giudizio è la circostanza che, con atto del 14 luglio 2016 (iscritto presso la Camera di Commercio di Roma il 30 agosto 2016), i Sig.ri Alfonso Marino e Francesco Mancone - titolari di azioni rispettivamente rappresentanti il 10% ed il 90% del capitale sociale di U.T.M. Logistica e trasporti S.p.A. (la quale è proprietaria di una partecipazione sociale pari al 38,01% del capitale di Sit Logistic S.p.A.) - cedevano l’intero capitale sociale della Utm alla Trasporti e spedizioni Abaco S.r.l.
2. Tanto chiarito, secondo la difesa della ricorrente, la clausola di prelazione contenuta nell’art. 11 dello Statuto sociale di Sit Logistic S.p.A. si applicherebbe non solo alla ipotesi di trasferimento della partecipazione in Sit Logistic S.p.A. da parte di un socio di quest’ultima, ma anche alla ipotesi (indiretta) di atti che determinano il mutamento del controllo del socio (società o gruppo societario) titolare delle azioni di Sit Logistic S.p.A. Tale seconda ipotesi si sarebbe verificata nel caso di specie, in quanto, come appena evidenziato, il Sig.ri Alfonso Marino e Francesco Mancone hanno ceduto l’intero capitale sociale della U.T.M. alla Abaco così divenendo quest’ultima socia (indiretta) di Sit Logistic.
In particolare, parte ricorrente muove da una ricostruzione delle esigenze sottese all’operatività della clausola di prelazione (omogeneità della compagine sociale, coesione dei soci, equilibrio tra i medesimi) ed alle conseguenze di essa per giungere alla conclusione che esse devono ritenersi ravvisabili anche nelle ipotesi di change of control del socio che, come nel caso di specie, si realizzi attraverso la cessione del 100% del pacchetto azionario del socio. Una simile conclusione sarebbe imposta tanto dall’ampiezza della clausola (riferibile non solo alla compravendita delle azioni, ma a tutti gli atti con i quali le azioni della Sit siano trasferite a soggetti terzi), dalle esenzioni statutariamente previste (riferite alla: intestazione a società fiduciaria o reintestazione, da parte della stessa; trasferimento in favore del coniuge e dei parenti in linea retta; trasferimento in favore di soggetti che controllano, direttamente o
indirettamente, l’azionista venditore; trasferimenti in favore di soggetti controllati dall’azionista venditore). In questa prospettiva, la circostanza che la prelazione non trovi applicazione in relazione a “trasferimenti in favore di soggetti controllati dall’azionista venditore” si giustifica soltanto ammettendo che la prelazione statutaria è chiaramente volta a tutelare i soci di Sit anche nelle ipotesi di change of control dei soci della medesima, poiché, mentre resta indifferente ai soci di Sit che le partecipazioni in quest’ultima società siano detenute da (o vengano trasferite a) veicoli societari controllati dai medesimi soci di Sit, i soci hanno invece voluto evitare che le medesime partecipazioni in Sit potessero essere cedute, direttamente o indirettamente a terzi, senza che fossero offerte in prelazione agli altri soci. Parimenti, tale conclusione viene ad essere avvalorata dalla ulteriore esenzione prevista per il trasferimento del mandato fiduciario, là dove cambio di mandatario non segue alcuna traslazione formale della proprietà dei titoli.
Ciò posto, parte ricorrente richiama quanto un orientamento giurisprudenziale (App. Torino, 1 ottobre 2013, in Giur. comm., 2014, II, 864; pubblicata con la diversa data di 14 ottobre 2013, in Riv. Not., 2014, II, 573) secondo il quale laddove uno statuto sociale contenente clausola di prelazione esenti dalla stessa i trasferimenti endo-gruppo (ovvero: a favore di società controllate da soci), il trasferimento a favore di una società controllata, che sia tuttavia funzionalmente collegato alla cessione a terzi del relativo controllo, deve ritenersi illegittimo in quanto sostanzialmente elusivo (con conseguente inopponibilità del trasferimento alla società delle cui azioni si tratta).
3. Ebbene, il Tribunale ritiene di non potere condividere l’interpretazione della clausola di prelazione contenuta nell’art. 11 dello Statuto sociale di Sit Logistic S.p.A. offerta da parte attrice.
Giova, in primo luogo, osservare come nelle società per azioni valga il principio generale della libera circolazione delle partecipazioni sociali. Tale principio, seppure messo in discussione da una parte della dottrina, governa ancora oggi la società per azioni come dimostra la circostanza che il legislatore della riforma si è preoccupato di limitare, sotto il profilo temporale, l’operatività di clausole che vietino il trasferimento (art. 2355 bis primo comma c.c.).
Ciò posto, sebbene non possa più oggi predicarsi che la libera trasferibilità costituisca un elemento imprescindibile delle azioni (quale elemento caratterizzante, a livello tipologico, la società per azioni), è stato efficacemente affermato che la libertà di cedere le azioni può essere ricostruita come un effetto naturale della società per azioni e che le particolari condizioni alle quali può essere sottoposto il trasferimento come elementi accidentali. E, infatti, la prospettiva del legislatore non sembra quella di arginare, di per sé, le possibilità di chiusura della compagine sociale in nome della libera cedibilità, quanto piuttosto quella di individuare dei meccanismi idonei ad assicurare la protezione del singolo dinanzi al rischio di restare prigioniero della società.
La circolazione delle azioni libera da vincoli rappresenta, quindi, la regola applicabile in mancanza di diverse scelte statutarie, la quale contribuisce alla formazione di quello statuto legale residuale composto di norme derogabili. Ebbene, nell'ambito dei limiti contrattuali alla libera circolazione delle azioni, la clausola di prelazione si pone come strumento che cerca un bilanciamento tra due precise esigenze: quella di chi è intenzionato a cedere la propria partecipazione e, dunque, a realizzare l'investimento; e quella degli altri soci, interessati a evitare una vicenda, ossia l'ingresso in società di soggetti terzi, che può alterare l'equilibrio dei rapporti personali. Questo bilanciamento si realizza mediante il riconoscimento, in capo ai soci diversi da quello intenzionato a cedere le azioni, di un diritto di preferenza rispetto al terzo potenziale acquirente; un diritto di preferenza, le cui condizioni di operatività è compito delle parti stabilire. In questo senso, la scelta di inserire nello statuto una clausola di prelazione è indice della volontà dei soci di sottoporre l'alienazione delle azioni a particolari condizioni, dotando così l'organizzazione sociale di una specifica regola per la possibilità di intervento di nuovi investitori. Se così non fosse non si comprenderebbe perché i soci non si limitino a regolare il loro diritto di prelazione in un patto parasociale se non perché vogliano elevare il loro interesse individuale, a mantenere omogenea la compagine sociale, a interesse "organizzativo" della società. L'inserimento della clausola nello statuto costituisce dunque presunzione del suo carattere sociale. Il tenore letterale dell'art. 2355 bis, comma 1, c.c. depone infatti nel senso di inquadrare la clausola di prelazione come regola di organizzazione della società, stabilendo che il trasferimento della partecipazione sociale abbia effetto nei confronti della stessa solo in seguito ad una precisa "procedura" prevista nello statuto e voluta dai soci (cfr., in particolare, Cass., 3 giugno 2014, n. 12370 secondo la quale l’inserimento in uno statuto di una clausola di prelazione assume, oltre alla funzione di regolare le posizioni soggettive di soci o di terzi, una rilevanza organizzativa, incidendo sul rapporto tra l'elemento capitalistico e quello personale della società, nel senso di accrescere il peso del secondo elemento rispetto al primo nella misura che i soci ritengano di volta in volta più adatta alle esigenze dell'ente; trattandosi quindi di regola organizzativa della società - e quindi regola di un gruppo organizzato alla quale deve sottostare chiunque voglia entrare a far parte del gruppo stesso -, gli effetti della clausola statutaria di prelazione sono opponibili anche al terzo acquirente; su tale ultimo profilo, Cass., 2 dicembre 2015, n. 24559).
Per quanto riguarda il contenuto della clausola in parola, il primo comma dell’art. 2355 bis c.c., afferma la libertà delle parti di stabilire il contenuto delle clausole che restringono la circolazione delle azioni e pone, come unico confine, la durata massima quinquennale per il divieto di trasferimento. Di qui, due importanti considerazioni: da un lato, la ricostruzione del contenuto di tali limiti statutari richiede un'attenta lettura e interpretazione del relativo testo, non essendo disponibile un'analitica regolamentazione suppletiva dei medesimi; dall'altro lato, questa stessa attività interpretativa deve essere condotta nella consapevolezza del delicato bilanciamento tra la natura, in linea di principio, eccezionale di ogni vincolo alla circolazione delle azioni, rispetto alla regola generale della libera trasferibilità, e la tutela sostanziale degli interessi in gioco.
Discende da quanto appena evidenziato che la clausola di prelazione debba essere oggetto di una interpretazione tendenzialmente restrittiva (in questo senso, Trib. Milano, 10 giugno 2016, n. 7232; App. Milano, 27 settembre 2012 secondo il quale il principio di libera trasferibilità e circolazione delle partecipazioni sociali è principio generale e, pertanto, esclude la possibilità di accedere ad un'interpretazione analogica o estensiva di disposizioni statutarie che limitino la circolazione delle azioni, quali le clausole di prelazione o di covendita).
Alla luce di quanto appena evidenziato, non appare predicabile l’equiparazione della fattispecie del trasferimento della partecipazione sociale al fenomeno, del tutto differente, del mutamento del controllo di un socio.
E, infatti, sotto il profilo oggettivo, nelle ipotesi di change of control del socio viene a mancare lo stesso presupposto per l’operatività della clausola di prelazione costituito dal trasferimento della partecipazione sociale. E, infatti, pur dovendosi evidenziare come la clausola sopra riportata e contenuta nello statuto della Sit Logistic individui un perimetro assai ampio del concetto di trasferimento delle azioni, essa trova pur sempre il proprio fondamento in un atto che comporti il mutamento della titolarità formale di quelle azioni e non già di azioni di altre società. Nel caso di mutamento del controllo di un socio, al contrario, manca proprio il trasferimento delle azioni, rimanendo immutato il soggetto - persona giuridica cui è attribuito il diritto di proprietà sulle azioni. La presente considerazione vale di per sé ad escludere ogni rilievo in questa sede alla esenzione, prevista nella clausola statutaria di prelazione, avente ad oggetto i trasferimenti a soggetti controllati o controllanti “l’azionista venditore”: infatti, anche in tale ipotesi si ha un trasferimento delle azioni (tanto è vero che, come appena evidenziato, lo statuto parla di “azionista venditore”) che è, invece, assente nelle ipotesi di change of control.
Sotto il profilo soggettivo, poi, merita di essere osservato come i soci del socio di una società il cui statuto contenga una clausola di prelazione non possano dirsi parte di quello statuto e, quindi, vincolati da esso. Non si vede, quindi, come la clausola statutaria di prelazione possa in qualche modo assoggettare ad un vincolo un soggetto del tutto estraneo alla compagine sociale. In altre parole, proprio il rilievo organizzativo che deriva dalla oggettivizzazione nello statuto sociale della clausola di prelazione impone di circoscrivere l’ambito di operatività della regola entro il perimetro dei soci non potendosi tale ambito estendere, in via interpretativa, al di fuori di esso, in quanto una tale operazione ermeneutica riporterebbe la regola nel campo di una sorta di patto parasociale (circostanza questa che condurrebbe comunque all’impossibilità di intravedere un effetto reale in caso di violazione della prelazione) che richiederebbe pur sempre l’adesione del terzo (socio della società socia).
Ancora, difficoltà di ordine pratico sono ostative ad una “lettura” che consenta l’operatività della clausola di prelazione contenuta nello statuto sociale di una società all’ipotesi di mutamento del controllo di un socio di quest’ultima. Infatti, ben potrebbe accadere che anche lo statuto della società socia contenga una clausola di prelazione così vincolando i “propri” soci, in caso di prospettato trasferimento della partecipazione, ad offrire le azioni agli altri azionisti. Ebbene, premesso che il mutamento di controllo non si ha soltanto nell’ipotesi di cessione dell’intero capitale sociale, ma anche nell’ipotesi di cessione di una partecipazione di entità sufficiente ad esercitare nella società il proprio controllo, non si vede come, in caso di cessione della partecipazione di controllo, possano coordinarsi i diritti di prelazione che, seguendo la lettura offerta dalla odierna ricorrente, sarebbero attribuiti tanto ai soci della società-socia che ai soci della società.
D’altra parte, la stessa dottrina che più si è occupata della questione in esame ha evidenziato come la soluzione ai problemi di mutamento del controllo del socio deve essere ricercata in rimedi alternativi, quali, ad esempio, la previsione di patti parasociali che coinvolgano i soci di controllo della società socia e l’inserimento di clausole put e call, la previsione di azioni riscattabili al mutamento del controllo del soggetto detentore; la previsione del fatto come giusta esclusione da una società a responsabilità limitata; la previsione di un diritto di recesso degli altri soci nel caso in cui muti il controllo.
4. Sotto un ulteriore profilo, la Smet S.p.A. ha chiesto al Tribunale di inibire in “ogni caso ad Abaco di porre in essere ulteriori condotte integranti atti di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598, co. 1, n. 3, c.c.”.
Anche tale domanda non risulta fondata. Infatti, a prescindere da ogni ulteriore considerazione nel merito, la ricorrente deduce un rapporto di concorrenzialità tra la Abaco e (non già la Smet, ma) la Sit Logistic. Ciò posto, appare del tutto evidente come la Smet sia priva della legittimazione per far valere diritti che appartengono alla Sit Logistic S.p.A. D’altra parte, sebbene la ricorrente deduca di subire un danno dalla concorrenza sleale esercitata dalla Abaco, il pregiudizio che la Smet può risentire costituisce il mero riflesso del pregiudizio subito dal patrimonio della Sit Logistic. Deve, dunque, escludersi che la Smet sia legittimata a far valere come proprio un danno eventualmente arrecato alla Sit Logistic.
L’esistenza di contrasti dottrinari e giurisprudenziali in ordine alla eseguibilità di un contratto preliminare di società di persone giustifica la compensazione integrale delle spese del presente giudizio cautelare.
p.q.m.
- rigetta il ricorso proposto dalla Smet S.p.A.;
- compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.
Manda alla cancelleria per la comunicazione della presente ordinanza alle parti.
Roma, 9 maggio 2017
Il Giudice (dott. Guido Romano)
Il commento
di Margherita Caccetta
Sommario: 1. Premessa; 2.Circolazione delle azioni e 2355bis c.c.; 3. Autonomia statutaria e limiti alla circolazione delle azioni; 3.1. Clausola di Prelazione: tipologia ed efficacia; 3.1.2. Ambito di applicazione: clausola di change of control; 4. Tecnica redazionale.
1.Premessa
L’ordinanza del Tribunale di Roma del 9 Maggio 2017 esamina il contenuto di una clausola di prelazione contenuta nello statuto di una S.p.A..
Si discute tra gli istanti se la prelazione statutaria possa applicarsi non solo al trasferimento diretto di partecipazioni azionarie, ma anche al trasferimento indiretto ovvero, quello relativo al mutamento del controllo della compagine sociale del socio.
A parere del Tribunale, il ricorso ex articolo 700 c.p.c., è da ritenersi infondato e pedissequamente rigettato in quanto “non appare predicative l’equiparazione della fattispecie del trasferimento della partecipazione sociale al fenomeno, del tutto differente, del mutamento del controllo di un socio”.
2.Circolazione delle azioni e 2355bis c.c.
Gia nel vigore della disciplina del codice del 1942, il legislatore aveva previsto la libera trasferibilità delle azioni che ne costituisce dunque il carattere naturale, salvo le limitazioni alla loro circolazione previste dalla legge o dallo statuto.
Tale corollario esprime il principio per cui, nelle società di capitali, ed in specie nelle società per azioni, si dà meno rilevanza alla persona del socio a vantaggio dell’interesse sociale e dunque, qualora si voglia invece attribuire maggiore preminenza alla compagine sociale, tale volontà dovrà tradursi in apposite clausole limitative della trasferibilità della partecipazione azionaria.
I limiti legali di maggior interesse per l’attività notarile sono quelli individuati dai seguenti articoli che comportano l’inalienabilità delle:
-azioni liberate con conferimento in natura ex articolo 2343, 3° comma e 2343 quater, 4° comma c.c.;
-azioni del socio receduto ex articolo 2437 bis c.c.;
-azioni con obbligo di prestazione accessoria ex articolo 2345, 2° comma, c.c.
La violazione di tale divieto legale comporta la nullità dell’atto di trasferimento dal momento che esso si risolve in una violazione di norme imperative.
Dai limiti legali si distinguono i limiti convenzionali disciplinati, solo a titolo esemplificativo, nell’articolo 2355 bis c.c. e 2469 c.c. rispettivamente in tema di s.p.a e s.r.l.. I limiti convenzionali sono quelli che derivano da contratti posti in essere tra i soci e possono essere inseriti o in patti parasociali o all’interno dello statuto, con notevole differenza di disciplina ed effetti.
I limiti alla circolazione delle azioni rientranti nei patti parasociali sono definiti sindacati di blocco e tali patti hanno efficacia meramente obbligatoria, cioè vincolano solo le parti contraenti e la loro violazione non comporta invalidità della vendita delle azioni né la società può rifiutare l’iscrizione dell’acquirente nel libro soci in quanto, le clausole inserite nei patti parasociali, non sono opponibili ai terzi acquirenti. L’inadempiente, dunque, sarà solo tenuto al risarcimento dei danni nei confronti degli altri soci contraenti.
Acquistano invece più rilevanza, in termini di effetti e tipologie, le clausole inserite all’interno dello statuto, possibilità consentita dall’articolo 2355bis c.c. che statuisce:
“Nel caso di azioni nominative ed in quello di mancata emissione dei titoli azionari, lo statuto può sottoporre a particolari condizioni il loro trasferimento e può, per un periodo non superiore a cinque anni dalla costituzione della società o dal momento in cui il divieto viene introdotto, vietarne il trasferimento.
Le clausole dello statuto che subordinano il trasferimento delle azioni al mero gradimento di organi sociali o di altri soci sono inefficaci se non prevedono, a carico della società o degli altri soci, un obbligo di acquisto oppure il diritto di recesso dell'alienante; resta ferma l'applicazione dell'articolo 2357. Il corrispettivo dell'acquisto o rispettivamente la quota di liquidazione sono determinati secondo le modalità e nella misura previste dall'articolo 2437 ter.
La disposizione del precedente comma si applica in ogni ipotesi di clausole che sottopongono a particolari condizioni il trasferimento a causa di morte delle azioni, salvo che sia previsto il gradimento e questo sia concesso.
Le limitazioni al trasferimento delle azioni devono risultare dal titolo.”
Bisogna preliminarmente sottolineare che nonostante la rubrica della norma parli di limiti alla circolazione delle azioni, è opinione prevalente[1] quella secondo cui tale espressione sia impropria perché lo statuto non può incidere sul regime di circolazione delle azioni ma può soltanto impedire che, chi ha acquistato la partecipazione in violazione dello statuto, eserciti diritti sociali.
Infatti, come meglio vedremo nei prossimi paragrafi, l’esistenza di una delle clausola riconducibili all’articolo 2355 bis cc., consente alla società di rifiutare l’esercizio dei diritti sociali e l’iscrizione nel libro soci quando non risulta anche l’esistenza della “particolare condizione” prevista dallo statuto.
L’introduzione dunque di limiti statutari alla circolazione delle azioni è consentita dallo stesso legislatore all’articolo 2355bis c.c., in deroga al generale principio di libera trasferibilità delle azioni stesse, che disciplina solo a titolo esemplificativo le varie tipologie di clausole che possono essere inserite: divieto di trasferimento, gradimento mero e non mero.
Tali limiti possono riguardare tutte o solo alcune delle azioni in circolazione, che andranno così a costituire una categoria di azioni ex articolo 2348 c.c.
I soci dunque possono introdurre nello statuto una serie di limitazioni convenzionali a maggioranza essendo previsto il diritto di recesso ex articolo 2437, 2° comma, lettera b), per coloro che non hanno concorso alla assunzione della delibera.
Tali limiti alla circolazione possono essere inseriti purché siano previsti dei correttivi consistenti o nel limite temporale di cinque anni, nel diritto di recesso del socio, o nell’obbligo di acquisto da parte dei soci, della società o di un terzo “gradito” all’organo sociale preposto ad esprimere il gradimento.
La ratio di tali correttivi è volta proprio ad evitare che il socio resti prigioniero della società e difatti tali correttivi valgono per tutti quei limiti che possono comportare tale rischio (ad esempio divieto di assoluto di trasferimento, mero gradimento).
3. Autonomia Statutaria e limiti alla circolazione delle azioni:
Le clausole limitative si possono distinguere in tipizzate e non, a seconda che siano, anche parzialmente, disciplinate o meno, come sopra indicato.
L’ampiezza della norma, che consentirebbe di introdurre anche clausole non espressamente previste, viene ravvisata dalla dottrina nella parte in cui l’articolo 2355 bis c.c. consente che “lo statuto può sottoporre a particolari condizioni il loro trasferimento”.
Le più frequenti, tra le clausole innominate previste negli statuti delle S.p.A, sono la clausola di prelazione, le clausole di covendita, la clausola di tetto massimo e la clausola di gradimento non mero.
Difatti laddove la clausola non comporti una deroga totale al principio di libera trasferibilità perché consente dei meccanismi di exit per il socio, allora non vi sarà bisogno di alcun correttivo.
Senza scendere ad analizzare tutte le tipologie di clausola sopra citate, si deve affermare in via generale che tali clausole, prevedendo delle condizioni al trasferimento, non hanno bisogno di alcun correttivo poiché rientrano nel primo comma dell’ articolo 2355 bis c.c.
La dottrina infatti ritiene che, laddove vi siano dei limiti temporali o delle condizioni oggettivo e/o soggettive alla intrasferibilità, non sia richiesto dalla legge alcun correttivo.
Analogo ragionamento viene effettuato in tema di s.r.l. in cui i limiti alla trasferibilità della quota sono previsti dall’articolo 2469 c.c.
In tal senso anche gli orientamenti notarili del Consiglio Notarile di Milano e di Firenze:
MASSIMA MILANO 85: Devono ritenersi inefficaci (salvo che sia espressamente previsto il diritto di re-cesso) le clausole di prelazione contenute in statuti di s.p.a. che attribuiscano il diritto di esercitare la prelazione, al di là dei limiti temporali di cui all'art. 2355-bis, comma 1, c.c., per un corrispettivo, diverso da quello proposto dall'alienante, determinato con criteri tali da quantificarlo in un ammontare significativamente inferiore a quello che risulterebbe applicando i criteri di calcolo previsti in caso di recesso.
MASSIMA MILANO 86: Sono efficaci le clausole di prelazione contenute in atti costitutivi di s.r.l. che, con riferimento alla circolazione delle quote, attribuiscano il diritto di esercitare la prelazione, per un corrispettivo, diverso da quello proposto dall'alienante, determinato con criteri tali da quantificarlo in un ammontare anche significativamente inferiore a quello che risulte-rebbe applicando i criteri di calcolo previsti in caso di recesso. In tale ipotesi, al socio che dovrebbe subire tale decurtazione spetta, ai sensi dell'art. 2469, comma 2, c.c., il diritto di recesso.
MASSIMA FIRENZE 13/2010: Purché contenuta entro il limite di cinque anni, è legittima una clausola statutaria che preveda qualsiasi forma di limitazione alla circolazione delle azioni, ancorché essa non garantisca al socio la possibilità di liquidare la quota, oppure garantisca tale possibilità ma consentendogli di realizzare per le sue azioni un valore inferiore a quello che deriverebbe dall’applicazione dei criteri di cui all’art. 2437-ter c.c.
Per contro, una clausola che limiti significativamente, o addirittura vieti, l’alienazione delle azioni e la cui efficacia temporale non sia limitata o superi i cinque anni, è efficace solo qualora assicuri al socio la possibilità di realizzare per le sue azioni almeno il valore che deriva dall’applicazione dei criteri di cui all’art. 2437-ter o, quando essa precluda un progettato trasferimento a terzi, quando assicuri al socio la possibilità di realizzare lo stesso prezzo eventualmente offerto dal terzo, anche se in ipotesi inferiore al valore di cui all’art. 2437-ter.
È legittima qualsiasi forma di clausola limitativa del diritto dell’acquirente mortis causa ad ottenere l’iscrizione nel libro dei soci, purché essa preveda espressamente che, in caso di mancata iscrizione, egli ha diritto di realizzare per le sue azioni il valore che deriva dall’applicazione dei criteri di cui all’art. 2437-ter c.c.
3.1.Clausola di prelazione: tipologie ed efficacia
La clausola su cui si sofferma l’attenzione del presente commento, è proprio la clausola di prelazione.
La clausola di prelazione costituisce uno dei più diffusi limiti alla circolazione delle azioni presente negli statuti sociali ed è una clausola “atipica” perché non disciplinata espressamente dal nostro legislatore.
La clausola di prelazione mira a proteggere diversi interessi delle parti in quanto da un lato consente di evitare il decremento della partecipazione del singolo socio e dall’altro ha anche la funzione di conservare la stabilità della compagine sociale, andando così ad evitare mutamenti della compagine, rispondendo così ad un interesse sociale.
Attraverso tale clausola, ciascun socio si obbliga, nell’eventualità in cui intenda trasferire le azioni, ad offrirle preventivamente agli altri soci, preferendoli ai terzi a parità di condizioni (c.d. prelazione propria) o anche verso un corrispettivo infungibile (c.d. prelazione impropria). Difatti avendo natura convenzionale, la parità di condizione è elemento naturale ma non essenziale della clausola di prelazione[2].
Relativamente alla prelazione propria, si fa riferimento ad un tipo di prelazione da esercitarsi a parità di condizioni contrattuali rispetto a quelle offerte dal terzo.
Relativamente alla prelazione impropria, si fa riferimento a quei tipi di prelazione in cui la prestazione è infungibile oppure a condizioni diverse rispetto a quelle offerte dal terzo (ad esempio il prezzo di acquisto delle azioni è determinato secondo criteri obiettivi prefissati oppure attraverso il giudizio di un terzo arbitratore). La legittimità di tale clausola è mantenuta solo se non si dà luogo ad un corrispettivo inferiore al valore di liquidazione in caso di recesso ex art. 2437 ter c.c., da intendersi quale correttivo per la sua validità.
Di recente, un orientamento del Consiglio notarile di Firenze ha statuito che, purché mantenuta nell’ambito dei cinque anni previsti dal primo comma dell’articolo 2355bis c.c., è valida una clausola di prelazione impropria che non preveda il correttivo della c.d. “equa valorizzazione”.
Il funzionamento della clausola di prelazione si incentra sulla denuntiatio, ovvero sull’atto che con il quale il titolare delle azioni rende noto ai beneficiari della prelazione la sua intenzione di alienarle, rendendo notoria il nominativo del terzo intenzionato all’acquisto, sia le condizioni da questo offerte.
Si ritiene preferibile aderire alla teoria[3] per cui la denuntatio, ha valore di proposta contrattuale e dunque la stessa deve contenere tutti gli elementi richiesti dall’articolo 1326 c.c., in quanto la sua accettazione da parte del prelazionante fa concludere il contratto.
In tal senso anche l’orientamento del consiglio notarile Triveneto:
“H.I.14 - L’offerta di prelazione è valida quando ricorrono tutti gli elementi per informare in modo completo i soci o la società sui termini del contratto che si vuole offrire, e quindi deve contenere l’indicazione del prezzo delle partecipazioni, le modalità di pagamento dello stesso, nonché le eventuali ulteriori indicazioni richieste dallo statuto.”
(analoga massima in tema di S.R.L: I.I.19)
In caso di mancato esercizio della prelazione entro i termini previsti, si perfezionerà l’acquisto con il terzo che potrà e dovrà ottenere l’iscrizione del libro soci. Pertanto, il diritto del terzo acquirente all’iscrizione, condizionato al mancato esercizio della prelazione, diventa pieno.
Si discute molto in dottrina[4] sull’efficacia, reale od obbligatoria, di tali clausole poste all’interno dello statuto con differenti conseguenze in caso di violazione dell’obbligo di rispettare la clausola di prelazione statutaria.
Nessun autore si discosta dall’affermare che tali negozi posti in essere in violazione di tali fattispecie siano invalidi: il punto è stabilire con esattezza quale sia il vizio sussistente nel caso di specie e soprattutto se, tali limiti siano opponibili ai terzi.
Si ritiene infatti ormai superata la teoria dottrinale[5] che ne sosteneva la sola natura parasociale a prescindere dal suo inserimento nello statuto in quanto volta a disciplinare il diritto di un socio nei confronti di un altro e dunque tale dottrina le attribuisce natura obbligatoria.
Autorevole dottrina[6] sostiene una tesi intermedia che attribuisce l’efficacia reale od obbligatoria alla clausola non alla presenza o meno nello statuto sociale ma nell’interesse sottostante che viene perseguito: qualora la clausola sia posta nell’interesse del socio allora la stessa dovrebbe avere efficacia obbligatoria; qualora invece sia posta nell’interesse della società allora la stessa dovrebbe avere efficacia reale.
Prevale tuttavia nettamente in dottrina[7] l’opinione che l’inserimento della clausola nello statuto costituisca presunzione del suo carattere “sociale” e dunque della sua attitudine ad essere opponibile ai terzi acquirenti in violazione della clausola statutaria.
Si devono dunque analizzare le conseguenze relative alla inosservanza della clausola di prelazione, tenuto conto che il terzo che ha acquistato in violazione della clausola non possa essere iscritto nel libro soci.
Secondo un primo orientamento, sostenuto anche dalla giurisprudenza[8], il trasferimento sarebbe nullo. Tale dottrina[9] ritiene che la clausola statutaria sarebbe capace di condizionare la cessione stessa e renderla in caso di violazione, inattuabile inter partes.
Sembra preferibile tuttavia aderire a quell’orientamento dottrinale[10] e giurisprudenziale[11] che, pur riconoscendo efficacia reale alla clausola di prelazione, esclude che in caso di sua violazione, possa riconoscersi al socio leso un vero e proprio diritto di riscatto, stante il carattere eccezionale di tale figura prevista dal legislatore solo in ipotesi legale e tassative.
Tale teoria parla di inefficacia del trasferimento sia nei confronti della società, che deve rifiutare l’iscrizione dell’acquirente nel libro soci, sia nei confronti dei soci, i quali devono considerare ancora come socio l’alienante.
Difatti si potrebbe ravvisare secondo tale orientamento una scissione nella titolarità dei diritti patrimoniali e dei diritti amministrativi per cui i primi spetterebbero all’acquirente mentre i secondi all’alienante visto che, l’esercizio dei medesimi, è subordinato all’iscrizione nel libro soci.
Nell’ambito dell’autonomia statutaria niente vieterebbe ai soci di affiancare alla prelazione una clausola statutaria di riscatto che opera nel caso in cui la prima venga violata[12].
3.1.2 Ambito di applicazione: clausola di change of control
Relativamente all’ambito di applicazione della clausola di prelazione, si fanno rientrare di norma i trasferimenti tra soci. La clausola infatti qualora voglia prevedere il diritto di prelazione nei confronti di terzi acquirenti deve prevederlo.
Oggetto dell’ordinanza in commento è stato proprio il perimetro soggettivo di applicazione della clausola di prelazione statutaria: si contestava da parte della società istante la violazione della clausola in un caso di trasferimento “indiretto” ovvero di mutamento della compagine sociale del socio-società. (c.d. change of control)
E’ indubbio che tale trasferimento interno al socio-società comporta un mutamento indiretto della compagine sociale della società istante ma tuttavia, tale trasferimento non è operato in violazione della clausola di prelazione.
La Corte di Cassazione difatti differenzia la clausola di prelazione dalla clausola di change of control sotto un duplice profilo:
- dal punto di vista oggettivo, viene a mancare lo stesso presupposto per l’operatività della clausola di prelazione costituito dal trasferimento della partecipazione sociale. Infatti anche a voler riconoscere un ampio perimetro alla clausola, essa trova pur sempre il suo fondamento in un atto che comporta il mutamento della titolarità formale di quelle azioni e non già di altre, di altre società. Nel caso di change of control, manca il trasferimento delle azioni, rimanendo immutato il soggetto-persona giuridica cui è attribuito il diritto di proprietà sulle azioni;
- dal punto di vista soggettivo, i soci della società-socio non possono essere vincolati dallo statuto di un’altra società. Il rilievo organizzativo che deriva dall’introduzione di una clausola di prelazione all’interno dello statuto impone di circoscrivere l’ambito di applicazione tra i soci non potendosi estendere in via ermeneutica anche ai terzi.
Pertanto la Corte di Cassazione ha ritenuto che lo statuto della società istante fosse non idoneo ad incidere su una situazione di fatto terza.
Tale clausola di change of control tuttavia potrebbe essere inserita nello statuto sociale al fine di consentire l’esclusione della società-socio, qualora muti la sua compagine sociale di maggioranza, ma deve essere oggetto di una espressa pattuizione e non può certo costituire una estensione interpretativa della clausola di prelazione per i motivi sopra esposti.
Tale possibilità è stata affermata da un orientamento del Comitato Triveneto dei Notai che in tema di s.r.l. prevede proprio la legittimità di una clausola di change of control come giusta causa di esclusione dalla società.
I.H.19: Si reputa legittima come giusta causa di esclusione del socio ex art. 2473 bis c.c. quella in forza della quale un socio possa essere escluso dalla società qualora il medesimo sia a sua volta una società e, senza il consenso dei restanti soci della partecipata, muti per qualsiasi causa la propria compagine sociale, anche in esito a operazioni di scissione o fusione (c.d. changing control). Tale clausola può essere introdotta in statuto a maggioranza.
4. Tecnica redazionale
Allo stato attuale, stante le differenti opinioni dottrinali e giurisprudenziali sopra delineate, sembra potersi affermare che, per evitare incertezze, la tutela più sicura contro la violazione della clausola di prelazione, sia quella di ben congegnare la medesima all’interno dello statuto.
Pertanto, si dovrà prevedere:
-l’ambito oggettivo di applicazione ovvero se la stessa sia una clausola di prelazione propria o impropria e in quest’ultimo caso si dovrà tenere conto dei correttivi, come più ampiamente espressi nei paragrafi precedenti;
-a favore di chi spetta il diritto di prelazione e dunque, l’ambito soggettivo di applicazione;
-che valore abbia la denuntiatio se mero invito ad offrire o di proposta contrattuale, ed in tale ultimo caso, si dovranno indicare tutti gli elementi essenziali al fine di poter concludere il contratto ivi compreso il termine;
-l’efficacia reale od obbligatoria con previsione delle logiche conseguenze in caso di alienazione in violazione.
[1] L. Stanghellini, Commento all’articolo 2355 bis c.c., in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti, L.A.Bianchi, F.Ghezzi, M.Notari, GIUFFRE’, Milano, 2008, 561 ss.
[2] G.B. Portale, La mancata attuazione del conferimento in natura, in Trattato Colombo-Portale, Torino, 2004, 639.
[3] F.Santoro Passarelli, Struttura e funzione della prelazione convenzionale, in Riv. Trim. dir. e proc. civ., 1981, 697;
Corte di Cassazione 12 Marzo 1981 n.1407, in Giur.comm., 1982, II, 303;
G.Crivellari, La circolazione immobiliare e il diritto di prelazione, in Notariato, 4/2008, 457.
[4] P.G.Crivelli Visconti, Commento all’articolo 2355 bis, in Commentario del Codice Civile, diretto da E. Gabrielli, Utet, 2015, 1045 ss.
[5] T.Ascarelli, Sui limiti statutari alla circolazione delle partecipazioni azionarie, in Banca, Borsa e titoli di credito, 1953, Vol.I, 307.
[6] c.Angelici, La Circolazione della partecipazione azionaria, in Trattato della società per azioni, diretto da G.E. Colombo e G. B. Portale, UTET, Torino, 2004, 194 ss.
[7] A. Graziani, Diritto delle società, Napoli, 1963, 268.
[8] Corte di Cassazione, 16 Ottobre 1959, n.2881, in Dir. Fall., 1959, II, 904
[9] F. Galgano, La società per azioni, in Trattato Galgano, vol. VII, Padova 1988, 154. L’Autore ritiene che “in quanto consentita dall’articolo 2355, comma terzo, la prelazione tra soci viene considerata come prelazione legale e dunque reale”.
[10]F. DI Sabato, Diritto delle società, Milano, 2003, 212.
[11] Trib.Catania 5 Maggio 2003, in Società 2004, 69.
[12] L.Calvosa, La clausola di riscatto nella società per azioni, Milano, 1995;
L.Calvosa, L’emissione di azioni riscattabili come tecnica di finanziamento, in Riv.Dir.comm., 2006, I, 195 s.s..