Il Fondo patrimoniale ha davvero un effetto segregativo?

di Margherita Caccetta

Il fondo patrimoniale è disciplinato dall’articolo 167 del codice civile ed è classificato dalla dottrina dominante come un regime patrimoniale dei coniugi e dunque posto all’interno delle convenzioni matrimoniali.

Tale teoria è la preferibile perché, pur se limitatamente ad alcuni beni, esso regola l’amministrazione e la titolarità degli stessi durante il matrimonio, distinguendosi, tuttavia, dagli altri due, in quanto non è esclusivo visto che può coesistere con la comunione legale e con la separazione dei beni.

Oggetto del fondo patrimoniale possono essere beni immobili e mobili registrati e pertanto ai fini dell’opponibilità l’atto va annotato a margine dell’atto di matrimonio ex articolo 162 ultimo comma e trascritto, con fini di pubblicità notizia, ex articolo 2647 del codice civile.

Il fondo patrimoniale rende i beni del fondo aggredibili soltanto per quelle obbligazioni che sono state contratte per i bisogni della famiglia generando così un separazione patrimoniale ancorché unilaterale (e non bilaterale). Viene a crearsi dunque, una massa patrimoniale unitaria, ma distaccata, in quanto sottoposta ad una disciplina giuridica speciale (in particolare quanto al profilo della responsabilità), rispetto al patrimonio “generale” di un soggetto.

Tant'è che questa distinta massa patrimoniale viene sottratta all'azione esecutiva dei creditori generali e potrà essere aggredita esclusivamente dai “creditori particolari”, cioè da quei creditori le cui ragioni di credito sono strettamente collegate allo scopo medesimo e all'utilizzazione dei beni costituenti il patrimonio dedicato. In quest’ottica, ne segue, pertanto, una chiara deroga al principio generale della responsabilità patrimoniale sancito dall'art. 2740 c.c.

Proprio questo effetto segregativo, rende “appetibile” tale istituto agli occhi dei disponenti anche se, tuttavia, ha il suo rovescio ovvero il pregiudizio eventualmente arrecato con l’atto di disposizione, ai creditori “generali”.

Il fondo patrimoniale costituisce un patrimonio separato, i cui beni sono destinati al soddisfacimento dei bisogni della famiglia e da ciò, ne consegue che, l'esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi, non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia; ciò, a prescindere dal fatto che il vincolo sia stato contratto da entrambi i coniugi o da uno solo di essi.

L'esecuzione sui beni e sui frutti del fondo patrimoniale è consentita soltanto per i debiti contratti per far fronte ad esigenze familiari, cosicché in sede di opposizione esecutiva è onere del debitore che ha costituito il fondo allegare e provare che il debito sia stato contratto per scopi estranei ai bisogni della famiglia e che il creditore ne fosse a conoscenza. Il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può essere realizzato sui beni conferiti nel fondo, va ricercato non già nella natura delle obbligazioni, bensì nella relazione esistente tra il fatto generatore di esse ed i bisogni della famiglia. Pertanto, i beni costituiti in fondo patrimoniale non potranno essere sottratti all'azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell'obbligarsi fosse quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi in senso non restrittivo, vale a dire con riferimento non solo all'indispensabile per l'esistenza della famiglia ma anche alle esigenze volte al pieno mantenimento e all'armonico sviluppo della stessa, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, e neppure meramente oggettivo, in quanto comprensivo anche dei bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell'indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari.

Non è mai stato pacifico, tuttavia, quali siano i bisogni della famiglia cui fa riferimento la norma, la cui valutazione in fatto è rimessa al giudice di merito (Cass., 30 maggio 2007, n. 12730) ed incensurabile in sede di legittimità.

È sicuramente evidente, senza contrasti dottrinali, che, tra i bisogni della famiglia, sono compresi anche i bisogni della prole.

Secondo una parte della dottrina vigerebbe un interpretazione più restrittiva mentre la giurisprudenza tende ad ampliare la nozione fino a ricomprendere tutte le obbligazioni volte a soddisfare esigenze di mantenimento ed armonico sviluppo della famiglia (Cass., 7 gennaio 1984, n. 134; Trib. Varese, 15 dicembre 2010; Comm. trib. prov. Reggio Emilia, 11 giugno 2010).

La giurisprudenza di legittimità a tale riguardo ha precisato come dal tenore letterale dell'art. 170 c.c. si ricavi che la possibilità di aggressione di detti beni e frutti da parte dei creditori sia segnata dalla oggettiva destinazione dei beni alle esigenze familiari. Pertanto, il criterio identificativo dei crediti il cui soddisfacimento può essere realizzato in via esecutiva sui beni conferiti nel fondo va ricercato "non già nella fonte dell'obbligazione, ma nella relazione esistente tra il fatto generatore di esse ed i bisogni della famiglia, con la conseguenza che ove la fonte e la ragione del rapporto obbligatorio abbiano inerenza diretta ed immediata con le esigenze familiari deve ritenersi operante la regola della piena responsabilità del fondo" (Cass., 18 luglio 2003, n. 11230, in Fam. e dir., 2004, 351; Cass., 5 giugno 2003, n. 8991)

Proprio per tale contrasto interprativo, il fondo patrimoniale non è scevro da incertezze circa la sua aggredibilità soprattutto recentemente quando il suo uso è progressivamente aumentato.

Il creditore, quindi, che vedesse pregiudicate le sue ragioni, può agire in revocatoria ma tale azione non offre una tutela molto ampia, in quanto, quale atto a titolo gratuito, pone quale presupposto per il suo operare soltanto la condizione dell’eventus damni, di difficile prova.

Attraverso l’azione revocatoria ordinaria il creditore ottiene la declatoria di inefficacia dell'atto compiuto dal debitore che sia pregiudizievole alle sue ragioni.

Recente giurisprudenza di legittimità, ribadisce che l'atto di costituzione di un fondo patrimoniale può essere oggetto di azione revocatoria anche in presenza di figli minori.

La costituzione del fondo predetto al fine di fronteggiare i bisogni della famiglia, anche qualora effettuata da entrambi i coniugi, non integra adempimento di un dovere giuridico, non essendo obbligatoria per legge, ma configura un atto a titolo gratuito, pertanto suscettibile di revocatoria anche fallimentare rientrando nelle ipotesi di ci all’articolo 64 l. fall, con la conseguenza che l'atto è comunque privo di effetti nei confronti dei creditori se compiuto nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento.

Vien fatta salva l'ipotesi in cui si dimostri, in concreto, la esistenza di una situazione tale da integrare, nella sua oggettività, gli estremi del dovere morale ed il proposito del solvens di adempiere unicamente a quel dovere mediante l'atto in questione (Cass. civ., sez. I, 12 dicembre 2014, n. 26223).

Ai sensi dell'art. 46, n. 3), l. fall. non sono compresi nel fallimento i beni oggetto del fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto disposto dall'art. 170 c.c. Tale ultimo richiamo lascia intendere che si formi una massa separata di beni destinata al soddisfacimento dei creditori le cui obbligazioni siano sorte per soddisfare i bisogni della famiglia.

La Cassazione (20 giugno 2000, n. 8379, in Fam. e dir., 2000, 625) ha chiarito che "i beni del fondo patrimoniale non sono compresi nel fallimento, in quanto, pur appartenendo al fallito, rappresentano un patrimonio separato, destinato al soddisfacimento di specifici scopi che prevalgono sulla funzione di garanzia per la generalità dei creditori".

Una prima battuta di arresto nei confronti dell’utilizzo di tale istituto, si è avuta con l’introduzione nel 2015 dell’articolo 2929bis del codice civile.

Tale articolo consente di “saltare” la fase delle indagini per procedere subito all’emanazione del decreto ingiuntivo.

La norma in commento è proprio volta all’espropriazione di beni oggetto di vincoli di indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito e la sua ratio è volta, nell’ottica del legislatore, ad accelerare il soddisfacimento del diritto dei creditori titolati e quindi di ridurre il contezioso.

La norma in commento statuisce che: “Il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di vincolo di indisponibilita’ o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, puo’ procedere, munito di titolo esecutivo, a esecuzione forzata, ancorche’ non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l’atto e’ stato trascritto.”

Il nuovo testo dell’art. 2929 bis, c.c. è stato introdotto in considerazione, per un verso, dell’ingente numero di procedimenti per revocatoria contro atti di alienazione o di “segregazione”, sospettabili di finalità elusiva o comunque lesivi della garanzia patrimoniale del credito e, per altro verso, del fatto che il rimedio della revocatoria (al quale, fino all’entrata in vigore della norma in esame, il creditore ha dovuto far ricorso per poter aggredire beni fatti oggetto di uno di quegli atti) richiede tempi tali, dalla domanda al passaggio in giudicato della sentenza, da essere inefficace e da indurre spesse volte il creditore a transazioni anche assai gravose pur di ottenere qualcosa, presto e con certezza, a fronte della possibilità di ottenere il tutto solo dopo lunga attesa.

Con riguardo a quali creditori possano essere pregiudicati, la Corte di Cassazione ribadisce un principio di diritto del nostro ordinamento ovvero che il fondo non è pignorabile per debiti sorti posteriormente alla costituzione del fondo patrimoniale ed infatti con sentenza n. 12627 del 19 marzo 2018, statuisce che i beni in fondo patrimoniale non possono essere pignorati per un debito o un illecito commesso dopo la sua costituzione.

Tuttavia bisogna precisare che il momento temporale a cui si fa riferimento per verificare quando il credito è sorto è chiarito da una recente sentenza sul punto.

La Cassazione con ordinanza numero 20376/2015[1] ha precisato che, per stabilire se il pregiudizievole atto [costitutivo del fondo patrimoniale] sia anteriore o successivo al sorgere del credito, occorre far riferimento al momento in cui il credito principale sia sorto, in quanto è proprio a tale momento che risale l'acquisto della qualità di debitore da parte del creditore.

Più rilevanza assume invece la questione in tema di debiti con l’erario nei confronti del quale, tutto quanto fin’ora esposto, sembra subire una parziale deroga o meglio un’interpretazione più estensiva della locuzione “bisogni della famiglia”.

La questione che spesso si è posta in dottrina e giurisprudenza, è stata quella di stabilire se il fondo patrimoniale rappresenti un limite all'attività esecutiva e cautelare posta in essere dagli agenti della riscossione ed in particolare se i beni facenti parte del fondo patrimoniale possano essere suscettibili di ipoteca e/o di pignoramento immobiliare.

In primo luogo bisogna comprendere se possa essere iscritta ipoteca ed a tale interrogativo la giurisprudenza dà risposta positiva in quanto conferma in varie sentenza che, l’iscrizione ipotecaria ex art. 77 del D.P.R. n. 602/1973, possa rientrare nel concetto di "esecuzione" di cui all'art. 170 c.c..

Tuttavia, il nocciolo duro della questione è stato quello di stabilire se il pagamento delle tasse si possa considerare un obbligo collegato alle esigenze essenziali della famiglia.

In varie pronunce la Corte di Cassazione ha ritenuto di dover dare risposta positiva elaborando un principio saldo da applicare in tali fattispecie secondo il quale “l’ipoteca può essere iscritta su beni conferiti in un fondo patrimoniale, anche per debiti di natura tributaria, ma a condizione che essi siano inerenti ai bisogni della famiglia; diversamente, l'esecuzione (o l’ipoteca) devono considerarsi inammissibili solo nel caso in cui questa derivi da debiti insorti per scopi estranei ai bisogni della famiglia e il creditore sia di ciò consapevole. (Cass. n.3600/16 e n.1652/16)

 

In relazione a tale tematica preme segnalare tale orientamento della giurisprudenza di legittimità.

L’ordinanza della Corte di Cassazione 13275 del primo Luglio 2020 crea una sintesi degli orientamenti finora esposti in quanto, da un lato, mette il luce il momento in cui sorge l’obbligazione messa “in pericolo” dalla costituzione del fondo e, dall’altro, si pronuncia nuovamente sul tema del debito erariale.

La vicenda, secondo i giudici di Piazza Cavour, era stata correttamente interpretata in quanto i ricorrenti avevano posto in essere l’atto di disposizione in oggetto in data posteriore rispetto all’epoca in cui la Guardia di Finanza aveva accertato l’esistenza di documentazione extracontabile riferita all’attività commerciale dei medesimi.

Per questo, era stata legittimamente avviata una verifica fiscale in loro danno, conclusasi con la richiesta del sequestro conservativo degli immobili dei coniugi, sequestro riferito a un credito, di natura fiscale, necessariamente sorto in epoca anteriore rispetto alla costituzione del fondo.

I crediti tributari sorgono con l’avveramento dei relativi presupposti e non già per effetto dell’atto amministrativo di accertamento posto in essere dall’Amministrazione finanziaria.

Ne consegue che, se tali presupposti si siano verificati prima del compimento da parte del contribuente/debitore, di un atto dispositivo costitutivo di fondo patrimoniale - poi impugnato con l’actio pauliana - i crediti medesimi, devono ritenersi anteriori al detto atto, ai sensi dell’art. 2901 c.c., anche se non siano stati in tutto o in parte accertati o iscritti a ruolo.

Con ciò, la Corte di cassazione, ha confermato l’inefficacia dell’atto di costituzione di un fondo patrimoniale disposto da due coniugi, indicati come debitori dell’Amministrazione finanziaria, mediante il conferimento di alcuni beni immobili.

La Corte di cassazione ha stabilito che il Fisco può agire in giudizio per revocare il fondo patrimoniale costituito sui beni di contribuenti indebitati con le Entrate anche se sono già scattati sequestro e ipoteca.

Sulla base di quanto fin’ora esposto, si comprende come i beni costituenti fondo patrimoniale non possono essere sottratti all'azione esecutiva dei creditori quando lo scopo perseguito nell'obbligazione sia quello di soddisfare i bisogni della famiglia, da intendersi non in senso oggettivo, ma come comprensivi anche dei bisogni ritenuti tali dai coniugi in ragione dell'indirizzo della vita familiare e del tenore prescelto, in conseguenza delle possibilità economiche familiari.

Si rammenta comunque che il discrimen è fornito dalla disciplina dell’onere della prova, che “grava su chi intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti in fondo patrimoniale” (Cassazione, n. 4011/2013, 15886/2014, 2970/2013, 1295/2012 e 5684/2006).

Pertanto, alla luce di tale interpretazione e in considerazione del contrasto di giudicati, attualmente esistente, si ritiene quanto mai necessario un intervento in materia delle Sezioni Unite, che possa chiarire definitivamente e dare una corretta interpretazione circa l’applicabilità o meno dell’iscrizione ipotecaria sui beni del fondo patrimoniale nell’ipotesi di debiti tributari, anche se in considerazione di tale ultima sentenza esposta, i dubbi sembrerebbero fugati.

 

[1] In questa ordinanza il fatto di causa verteva  sul possibile pregiudizio di un fondo patrimoniale costituito da due coniugi che erano anche parte di due società esposte verso un istituto di credito e fideiussori di tali compagini.