Massima del consiglio notarile di Milano numero 186 - Commento

Sono legittime le clausole statutarie di s.p.a. o di s.r.l. che prevedono l'obbligo, in caso di futuri aumenti di capitale sociale a pagamento, con o senza diritto di opzione, di assegnare gratuitamente un determinato numero di azioni o quote di nuova emissione a favore dei titolari di una categoria di azioni o quote (o a favore di uno o più singoli soci di s.r.l.), allorché detti aumenti di capitale siano deliberati a un prezzo inferiore all'importo stabilito dalla clausola stessa, al fine di evitare la diluizione del valore delle azioni o quote della categoria protetta anche qualora i relativi titolari non partecipassero ai nuovi aumenti.

 Resta ferma la necessità, come in ogni caso di assegnazione non proporzionale delle azioni o delle quote ai sensi degli artt. 2346, comma 4, e 2468, comma 2, c.c., che l'ammontare totale dei conferimenti effettuati dai sottoscrittori diversi dai titolari della categoria protetta sia almeno pari all'ammontare dell'aumento di capitale effettivamente sottoscritto.

 Il diritto di vedersi assegnato gratuitamente un numero di azioni o quote di nuova emissione, di compendio del nuovo aumento di capitale, senza effettuare nuovi conferi- menti, per un ammontare tale da conseguire l'effetto anti-diluitivo, può costituire un "diritto diverso" che connota una categoria di azioni o di quote ai sensi degli artt. 2348 c.c. o 26, comma 2, d.l. 179/2012 (o che si aggiunge ad altri diritti diversi della categoria "protetta") oppure un "diritto particolare" ai sensi dell'art. 2468, comma 3, c.c.

Il Commento

di Margherita Caccetta

Notaio

Prima di procedere con l’analisi della massima in commento, si rende necessario una premessa prodromica alla spiegazione di quanto in seguito.

Nel nostro ordinamento, l’articolo 2441 c.c. e 2442 c.c. in tema di spa e i correlativi in tema di srl, in tema di aumento del capitale sociale oneroso e gratuito, stabiliscono il principio della proporzionalità, precipuamente richiamato dall’articolo 2346 del codice civile.

Ogni socio infatti, ha diritto a sottoscrivere ed ha diritto a che gli vengano assegnate partecipazioni in proporzione alla quota di capitale sociale dal medesimo sottoscritta al momento del suo ingresso in società.

Il principio di proporzionalità è funzionale al mantenimento di “quell’equilibrio sociale” che viene “sancito” all’atto costitutivo o al successivo subingresso del socio in società.

Sulla base di questo, vengono conseguentemente modulati i diritti amministrativi e patrimoniali del socio medesimo all’interno della compagine sociale.

In dottrina, si discute (rectius: si è discusso) circa la possibilità di derogare al principio di proporzionalità prevedendo clausole statutarie che consentissero di attribuire il diritto di opzione o attribuire le partecipazioni ex art.2442 c.c., in modo non proporzionale rispetto ai conferimenti.

Bisogna premettere che la possibilità di assegnazioni non proporzionali incontra un limite preciso nel comma 5 art. 2346 secondo cui in nessun caso il valore dei conferimenti può essere complessivamente inferiore all’ammontare globale del capitale sociale. Si ritiene inoltre che il principio di parità di trattamento tra i soci e il divieto del patto leonino siano principi generali applicabili anche a questa fattispecie.

Prima di andare ad esaminare le varie teorie e ricostruzioni proposte dalla dottrina, occorre precisare che:

-               per  conferimento si intende la prestazioni eseguita o promessa dal sottoscrittore in sede di costituzione della società o aumento del capitale;

-          Sottoscrittore invece è colui che si obbliga a liberare le azioni che rappresentano quella frazione di capitale, eseguendo il relativo conferimento. Mentre prima della Riforma del 2003 esisteva una corrispondenza tra sottoscrizione, conferimento ed assegnazione, così che il n. di azioni che ci si obbligava a liberare era necessariamente lo stesso n. di azioni che venivano assegnate al socio, oggi con la possibilità di conferimenti non proporzionali non esiste più uesta precisa corrispondenza

Parte della dottrina, si è mostrata contraria a tale orientamento possibilista in quanto riteneva che la proporzionalità fosse connaturale al sistema societario nel suo complesso.

Altra parte della dottrina, invece, ha ritenuto che ciò fosse possibile e questo per due ordini di ragioni: il primo, poiché non è vietato espressamente dal legislatore; il secondo poiché si tratta di una vicenda che riguarda pur sempre rapporti interni tra soci, non essendovi dunque alcun interesse di soggetti terzi da proteggere.

Si ritiene infatti possibile che l’assegnazione delle azioni non trovi diretta giustificazione causale in un non proporzionale conferimento di beni, ma in una causa esterna al contratto sociale ad esempio a titolo solutorio a titolo di liberalità.

Con la riforma del 2003 dunque, si è fatta strada la possibilità di scindere l’assunzione dell’obbligo di conferimento nei confronti della società dall’atto di assegnazione delle azioni. 

Le figure più discusse erano poi quelle estreme del socio non conferente e del conferente non socio. Tali figure “limite” non trovano (o meglio, non trovavano) un pacifico accoglimento in dottrina e ciò perché la dottrina pone come forte ostacolo l’articolo 2247 del codice civile secondo cui i conferimenti sono inscindibilmente connessi alla partecipazione societaria. Pertanto, i sostenitori della teoria negativa, sostengono che per acquistare la qualità di soci si debba quanto meno effettuare un seppur minimo conferimento in società.

Tuttavia parte della dottrina ritiene che tale operazione sia possibile, né ricada nel divieto di cui all’art. 2265 in quanto questa norma è stata dettata per un corretto esercizio del potere di gestione del socio dal momento che il socio che non potrebbe subire perdite sarebbe più indotto ad intraprendere operazioni rischiose. Se questa è la ratio della norma, non sarebbe vietato ex se l’acquisto gratuito (senza alcun onere) della partecipazione; il divieto sarebbe violato se determinate azioni sono escluse dagli utili o dalle perdite, a prescindere quindi dal modo in cui sono state sottoscritte dal socio.

Chi ammette pertanto la possibilità di soci, che nulla abbiano conferito in società, ammette anche la costituzione di una società in cui, pur venendo assegnate azioni a più soci, l’obbligo di liberare l’intero capitale gravi solo su di uno di essi.

Il problema nasce dalla circostanza che, seppure l’aumento oneroso presenta forti analogie con la disciplina della costituzione della società, l’art. 2346 comma 4 non viene mai richiamato in tema di aumento a pagamento.

Bisogna tuttavia rispettare alcuni accorgimenti. L’art. 2346 comma 4 prevede infatti che lo Statuto preveda la possibilità di conferimenti non proporzionali; ove questa circostanza non sia riscontrabile, bisognerà procedere preventivamente alla modifica dello Statuto, per poi deliberare il suddetto aumento oppure deliberarlo all’unanimità o a maggioranza con il consenso “negoziale” dei soci che “ricevono di più” e di quello che “ricevono in meno.”

Esaminata la possibilità di assegnazione non proporzionale ai conferimento ed accedendo alla tesi positiva, si fa strada dunque la massima elaborata dal consiglio Notarile di Milano in tema di anti-diluizione del capitale sociale.

Specialmente in questo frangente, può esserci la necessità di introdurre “nuovo” capitale di rischio senza però diluire eccessivamente la partecipazione dei “vecchi” soci che hanno sottoscritto ad un prezzo diverso da quello a cui verrà offerta successivamente l’aumento di capitale sociale; prezzo magari inferiore perché volto ad incentivare il nuovo investitore a sottoscrivere l’aumento ed entrare in società.

Un esempio di tale esigenza è rappresentato dalla clausola che riconosce a un socio il diritto di non vedersi "diluito" nella propria partecipazione al capitale sociale qualora in futuro venissero deliberati aumenti di capitale a pagamento, anche se offerti in opzione, a un prezzo inferiore a una determinata soglia (c.d. "clausola antidiluizione”): la funzione di tale clausola è proprio quella di contemperare queste due contrapposte esigenze.

Tale clausola trova la sua legittimità nell’assegnazione non proporzionale delle azioni nella sua versione più estrema perché, i soci "protetti" sottoscrivono azioni o quote pur nulla conferendo. La massima, pertanto, accede alla interpretazione dottrinale (prevalente ma non pacifica) che, in relazione ai conferimenti non proporzionali, considera appunto legittime non solo le ipotesi in cui tutti i soci sottoscrittori di azioni o quote effettuino un qualche conferimento, sia pure non proporzionale, ma anche le ipotesi in cui vi siano alcuni soci che non effettuino conferimenti di alcun tipo.

L'individuazione dei soci "protetti" avrà luogo, nelle s.p.a., per il tramite di categorie speciali di azioni (potendo rappresentare l'unica, ovvero una delle, caratteristiche di categoria), e nelle s.r.l. per il tramite di categorie speciali di quote ai sensi dell'art. 26, comma 2, d.l. 179/2012 o per il tramite di diritti particolari ai sensi dell'art. 2468, comma 3, c.c.