La cessione del credito a scopo di garanzia

di Margherita Caccetta

CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza 28 maggio 2020, n. 10092 In caso di cessione del credito effettuata non in funzione solutoria, ex art. 1198 cod. civ., ma esclusivamente a scopo di garanzia di una diversa obbligazione dello stesso cedente, il cessionario è legittimato ad agire sia nei confronti del debitore ceduto che nei confronti delloriginario debitore cedente senza essere gravato, in questultimo caso, dallonere di provare linfruttuosa escussione del debitore ceduto

 

Sommario:

1) La cessione del credito: nozione e quadro generale.

2) La cessione del credito a scopo di garanzia e la differenza dalla cessione del credito in solutum.

3) Fatti di causa.

4) Conclusioni.

 

  • La cessione del credito: nozione e quadro generale.

La cessione del credito è disciplinata dall’articolo 1260 e seguenti del codice civile e viene annoverata tra le modificazioni dal lato attivo del rapporto obbligatorio.

Come tale, essa si perfeziona con il consenso tra cedente e cessionario, a nulla dunque rilevando il rapporto con il debitore.

Nelle modificazioni del rapporto obbligatorio dal lato passivo, la persona del debitore incide sul consenso che deve rilasciare il creditore per il perfezionamento della fattispecie poiché per quest’ultimo non sarà indifferente relazionarsi con un debitore piuttosto che con un altro.

Dal lato attivo del rapporto obbligatorio invece, al debitore non rileva la persona del creditore e, pertanto, il contratto si perfeziona senza il suo consenso.

Il codice civile impone all’articolo 1264 del codice civile che, ai fini dell’efficacia nei suoi confronti, il debitore sia presente all’atto o gli venga notificata la cessione.

In ogni caso, il legislatore prevede che, anche prima della notifica il debitore non sia liberato, se il cessionario prova che il debitore medesimo fosse a conoscenza dell’avvenuta cessione.

Dal punto di vista della causa, la cessione del credito viene definita dalla dottrina unanime[1] una negozio a causa variabile in quanto esso prende la causa del negozio sottostante (Causa di vendita, di permuta, di donazione etc..).

Anche la giurisprudenza[2] sostiene tale orientamento non avallando dunque la tesi per cui nella cessione del credito si avrebbe un’astrazione della causa (relativa e non assoluta).

La composita causa della cessione sarebbe quindi, la risultante della fusione tra un elemento generico e costante, consistente nella tutela all’interesse nondimeno generico al trasferimento, consolidato nella disciplina degli articoli 1260 ss. del codice civile, ed un elemento specifico e variabile, costituito invece dal tipo negoziale volta a volta prescelto per realizzare, integrandola, la cessione.

 

All’interno della figura negoziale della cessione del credito si distingue tra cessione del credito pro soluto e pro solvendo.

In assenza di diversa previsione contrattuale, la cessione si qualifica come pro soluto; ai sensi dell’articolo 1267 del codice civile infatti “il cedente risponde della solvenza del debitore, salvo che ne abbia assunto la garanzia.

Nel caso di cessione pro soluto, il cedente, una volta trasferito il credito, non risponde del pagamento del debitore nel confronti del cessionario.

Diversamente per il caso in cui venga pattuita la cessione del credito pro solvendo; in questo caso, sempre l’articolo 1267 del codice civile ci fornisce la risposta: il cedente risponderà della solvenza  pur sempre nei limiti di quanto ricevuto.

Ogni patto diretto ad aggravare la responsabilità del cedente è nullo e la stessa responsabilità viene meno se l’insolvenza è dipesa da negligenza del cessionario nell’iniziare o nel proseguire le istanze contro il debitore stesso.

In caso di cessione a titolo gratuito la garanzia è dovuta solo nei casi in cui la legge la pone a carico del donante.

 

 

2) La cessione del credito a scopo di garanzia e la differenza dalla cessione del credito in solutum.

 

Un’ipotesi specifica di cessione del credito è prevista dall’articolo 1198 del codice civile, trattasi della prestazione in luogo dell’adempimento, ossia di una forma estintiva satisfattiva della prestazione originaria, anche detta datio in solutum.

Quando, in luogo dell'adempimento, è ceduto un credito, l'obbligazione si estingue con la riscossione del credito. Si applicano le regole della cessione pro solvendo ex articolo 1267, secondo comma del codice civile), ossia il cedente deve garantire la solvenza del debitore; egli è liberato soltanto se la mancata realizzazione del credito per insolvenza del debitore è dipesa da negligenza del cessionario nell'iniziare o nel proseguire le istanze contro il debitore stesso.

Senza analizzare qui come si rende compatibile la datio in solutum, ex articolo 1197 del codice civile, con uno schema contrattuale basato sul consenso contrattuale, l’art. 1198 c.c. individua la cessione solutoria, ossia la cessione che avviene con lo scopo di estinguere un debito del cedente verso il cessionario.

Tale cessione si presume pro solvendo, ossia il cedente non è liberato finché il creditore cessionario non ottiene la prestazione.

 

Proprio in virtù della sua causa variabile, nella prassi contrattuale, la cessione del credito è stata anche “utilizzata” in funzione di garanzia.

Lo schema negoziale prevede che il cedente, a garanzia di un suo rapporto debitorio, ceda al suo creditore, un suo creditore nei confronti di un suo debitore.

Diversamente dalla cessione solutoria di cui sopra, la cessione a scopo di garanzia, non persegue lo scopo di soddisfare il debitore del cedente verso il cessionario, ma quello di garantire la propria esposizione debitoria nei confronti del cessionario.

Si tratta di un istituto autonomo, che non serve ad estinguere l’obbligazione originaria ma a rafforzarla.

Preme precisare che l’articolo 1198, seconda comma del codice civile, rinvia all’articolo 1267, seconda comma del codice civile, ove si fa riferimento al fatto che il cedente abbia garantito la solvenza del debitore.

Dunque, la garanzia a cui si fa cenno è ben diversa dallo “scopo di garanzia”. Infatti la cessio pro solvendo consiste nel garantire la solvenza del debitore ceduto ed è diversa dalla cessio in securitatem che attiene alla cessione del credito con funzione di garanzia.

 

Nella cessione con funzione di garanzia, invece, il trasferimento del credito al cessionario è destinato solo in via sussidiaria ed eventuale a realizzare l'obbligazione principale, mediante l'escussione del debito ceduto oggetto della garanzia.

Nella cessione a scopo di garanzia, la riscossione del debito ceduto si trova su un piano subordinato rispetto a quanto accade con la cessione solutoria. Infatti, la garanzia ha natura accessoria; qualora si verifichi l'estinzione dell'obbligazione garantita (originaria), il credito ceduto a scopo di garanzia, nella stessa quantità, si ritrasferisce automaticamente nella sfera giuridica del cedente (con un meccanismo analogo a quello della condizione risolutiva)[3].

3) Fatti di causa.

Una banca proponeva opposizione avverso la decisione del giudice delegato che ammetteva solo parzialmente il credito insinuato al passivo del fallimento di una s.r.l. Tale credito derivava da un contratto di anticipazione su fatture contro cessione di credito pro solvendo e la banca, secondo il Tribunale, non aveva dimostrato di aver tentato infruttuosamente l’escussione dei debitori ceduti. Secondo il collegio, la cessione a scopo di garanzia non escludeva l’onere della banca cessionaria di escutere il debitore ceduto, prima di agire verso il cedente. L’istituto bancario contesta tale ricostruzione e la Cassazione deve decidere se, in caso di cessio in securitatem, sul cessionario (nella fattispecie in esame, la banca) gravi (o meno) l’onere di provare la previa escussione del debitore ceduto.

Viene richiamata dal Tribunale la pronuncia di Cassazione numero 3469/2007, in cui in merito alla cessione di credito in luogo dell’adempimento, ex articolo 1198 del codice civile, statuisce che «grava sul cessionario che agisce nei confronti del cedente dare la prova dellesigibilità del credito e dellinsolvenza del debitore ceduto, che vi è, cioè, stata escussione infruttuosa di questultimo, e che la mancata realizzazione del credito per totale o parziale insolvenza del debitore ceduto non è dipesa da sua negligenza nelliniziare o proseguire le istanze contro il debitore ceduto, essendo egli tenuto ad un comportamento volto alla tutela del credito ceduto, anche mediante richiesta di provvedimenti cautelari e conservativi, non potendo considerarsi il medesimo non diligente solamente in caso di estinzione non satisfattiva del credito ceduto o di perdita delazione, ma anche in ipotesi di insolvenza del debitore ceduto» e che inoltre, «finché non è esigibile il credito ceduto pro solvendo, tale non è nemmeno il credito originario, mentre quando questultimo diviene esigibile, non per ciò stesso lo diviene anche il credito originario, atteso lonere della preventiva escussione (da parte del cessionario) del debitore ceduto, stante il rinvio operato dallart. 1198, comma 2, cod. civ.»

La Corte di Cassazione, invece ritiene di dover accogliere il ricorso e riformare il principio di diritto a cui si rifaceva il tribunale in quanto la causa che sottosta alla cessione del credito a scopo di garanzia è diversa dalla causa solutoria di cui all’articolo 1198 del codice civile.

Nella cessione con funzione di garanzia, infatti, il trasferimento del credito al cessionario è destinato solo in via sussidiaria ed eventuale a realizzare l’obbligazione principale, mediante l’escussione del debito ceduto oggetto della garanzia.

Sul punto la dottrina ha messo in evidenza alcune analogie esistenti tanto con la riscossione del credito pignoratizio ex art. 2803 cod. civ., quanto con i contratti “di cessione del credito.

La Suprema Corte ha evidenziato come sia proprio la natura accessoria della garanzia a collocare la riscossione del debito ceduto su un piano “subordinato” – o comunque diverso dalla cessione solutoria – rispetto alla riscossione del credito originario garantito.

Nella cessione di crediti in garanzia dovrebbe ravvisarsi una cessione risolutivamente condizionata all’adempimento da parte del cedente; alcuni autori tra l’altro ritengono che la condizione non debba essere enunciata poiché sarebbe sufficiente la mera enunciazione della causa cavendi.

Piu` precisamente, dopo la cessione e nel caso di adempimento di questi, il credito rientrerebbe in via automatica nel patrimonio del cedente; nel caso di inadempimento, il cessionario-creditore acquisterebbe definitivamente il diritto verso il ceduto e, a pagamento avvenuto, dovrebbe restituire il supero al cedente medesimo. Tale ultima conseguenza discenderebbe, dall’applicazione analogica, dell’articolo 2803 del codice civile.

4) Conclusioni.

 

Si comprende, quindi, come tale sentenza vada analizzata sotto il profilo temporale dell’escussione del credito ceduto in garanzia.

Proprio la natura accessoria della garanzia colloca la riscossione del debito ceduto su un piano “subordinato”, rispetto alla riscossione del credito originario garantito

Inoltre, poiché gli articoli 1260 e seguenti del codice civile, non individuano uno specifico tipo contrattuale (potendo il credito essere trasferito a titolo di vendita, donazione, conferimento societario, datio in solutum, garanzia o altro), ma si limitano a regolare gli effetti del trasferimento del diritto di credito, la disciplina del singolo negozio di cessione di credito va ricostruita sulla base dello scopo perseguito dalle parti, applicando le norme suddette – in uno alle disposizioni, codicistiche o pattizie, che regolano il rapporto contrattuale di riferimento, tipico o atipico – alla luce della concreta funzione economico-sociale del negozio.

La Suprema Corte, incentra tutta la motivazione sulla distinzione, sopra analizzata tra ratio  e schema contrattuale della cessio in solutum e della cessio in securitatem.

In quest’ultima ipotesi, infatti, il creditore non dovrà provare l’infruttuosa escussione in quanto il credito a lui è già stato ceduto risolutivamente condizionato all’adempimento.

Pertanto, in caso di inadempimento dell’obbligazione principale, il credito verrà da lui definitivamente incamerato salvo il disposto di cui all’articolo 2803 del codice civile.

La Corte di Cassazione, dunque, in seguito ad un articolato iter argomentativo, cassa la sentenza impugnata e rinvia al giudice di merito che, nella decisione, si dovrà attenersi al seguente principio di diritto:

«In caso di cessione del credito effettuata non in funzione solutoria, ex art. 1198 c.c., ma esclusivamente a scopo di garanzia di una diversa obbligazione dello stesso cedente, il cessionario è legittimato ad agire sia nei confronti del debitore ceduto che nei confronti dell'originario debitore cedente senza essere gravato, in quest'ultimo caso, dall'onere di provare l'infruttuosa escussione del debitore ceduto».[4]

 

[1] ex multis: ; Perlingieri, Della cessione dei crediti (artt. 1260-1267), in Comm. Scialoja-Branca, Bologna-Roma,1982;

[2] Tribunale di Catania, 12.1.2000, in Dir. fall., 2003, 2 ss., si parla di “un negozio avente uno

schema incompleto che va integrato, per operare giuridicamente, con il sottostante contratto, a titolo oneroso o gratuito, che ne sta a base e che ne rappresenta la causa.”

[3] Cass. numero 4796/2001, secondo cui: La titolarità del credito viene trasferita in capo al cessionario, tale cessione è sottoposta a condizione risolutiva, l'evento dedotto in condizione è l'adempimento del debito principale garantito,è sottoposto a condizione sospensiva il dovere del cessionario di restituire l'eccedenza di quanto eventualmente riscosso dal debitore ceduto.

[4] Innumerevoli sono, del resto, i precedenti di questa Corte nei quali - per lo più in tema di revocatoria fallimentare e in concomitanza di operazioni di finanziamento - è stato appunto evidenziato come la cessione di credito sia un negozio a causa variabile, potendo essere stipulata anche a fine di garanzia, oltre che di pagamento, sicché l'effettiva funzione solutoria della cessione pro solvendo di un credito va accertata in concreto, in base al contesto oggettivo e soggettivo della cessione stessa, piuttosto che del successivo pagamento del credito ceduto (Cass. 23261/2014, 12736/2011, 17683/2009, 1617/2009, 17590/2005, 15955/2005), sottolineandosi altresì che, nella cessione pro solvendo di un credito in luogo di adempimento, l'estinzione dell'obbligazione originaria si verifica solo con la riscossione del credito verso il debitore ceduto (Cass. 9141/2007)».